PARADOSSO - Insomma, tralasciando la parentesi di Sassuolo, la peggior gara dell'anno per tiri in porta subiti, le garanzie numericamente maggiori sono arrivate proprio dopo quel ko, da quando si è vista una squadra un po' diversa. Più solida che bella: 0 tiri in porta concessi al Lecce, erano stati 5 nella gara più spettacolare e comunque vincente contro la Lazio, uno solo al Torino e 2 all'Atalanta, con un miracolo di Szczesny a salvare il risultato. Chi guarda alla sostanza vede 7 punti, chi guarda anche al resto vede però una Juve troppo simile a quella degli scorsi anni: episodica, un po' bloccata e con poche idee. Il campione è ridotto e influenzato (senza Vlahovic e senza Chiesa-Vlahovic per l'attacco bianconero fa tutta la differenza del mondo), ma comunque racconta già qualcosa, così come lo fa il campo. Subire poco vuol dire rischiare poco - non una grande novità, direte giustamente voi - e, alla lunga, ottenere di più. E così Allegri critica il secondo tempo di Udine perché sul 3-0 dopo 45' la squadra ha concesso troppo (4 tiri), mentre abbozza sulla gara con l'Atalanta, con quel "punto guadagnato" che sa di bicchiere mezzo pieno ma che proprio non è andato giù a buona parte del tifo. L'essere conservativi ai tifosi bianconeri non piace, ma essere diversi vale il rischio? L'eterno dibattito sta tutto qui.
L'ESEMPIO - L'esempio arriva in aiuto dallo scorso anno. Quella Juve, sempre di Allegri, partì male, anzi malissimo: pareggi in fila, poche vittorie, poche convinzioni, tanti infortuni e un girone di Champions terribile. Ma - perché c'è sempre un ma - fu proprio nel suo momento peggiore, in cui era fisicamente malconcia ed emotivamente moribonda che si riprese. Otto vittorie in fila, senza mai subire gol, partite dal 15 ottobre dopo il brutto ko contro il Milan. Insomma, un anno fa, in questa settimana si "costruiva" una Juve nuova, capace di ritrovare le proprie certezze... nella sua cara e vecchia solidità. Le era concessa, anche e soprattutto per l'emergenza, qualche licenza di difendersi in più, e aveva qualche pressione in meno visti i tanti giovani in campo. Ma così si riprese, arrivando a far parlare anche di sogno scudetto, veramente troppo lontano. Eppure l'esempio rimane e quella squadra - salvo qualche exploit - andava molto nella direzione allegriana. Prima di tutto la sicurezza, poi il resto. Non piacque neanche allora, ma ritrovò certezze utili.
E BUFFON... - Ora, al terzo anno di gestione Allegri, tutti pensavano di essere a un punto un po' diverso. Anche se, va sottolineato, ogni anno è stata per un motivo o per l'altro sempre una ripartenza e senza continuità di idee, progetti e uomini difficile si vada molto lontani. La Juve di ora, senza coppe, è attaccata alle prime, tiene un profilo basso ma sogna in grande, eppure qualcosa sembra mancarle. Nel gioco, nella prestazione o nel concedere, la sensazione è che non sia abbastanza e il gioco dei responsabili è - come già detto prima - ben polarizzato. Nel mezzo sorge qualche voce più rilevante delle altre, come Buffon, che interpellato risponde: "Pensavo potessero vincerlo a inizio stagione, soprattutto perché giocava una volta a settimana. Poi sono successe altre cose, se togli Pogba qualcosina nell’obiettivo finale si può rivedere ma ha la possibilità di essere protagonista". Aiuta a dirimere la questione? No, ma indirizza già verso il finale. La Juve senza tutta la qualità a sua disposizione farà più fatica a centrare il bersaglio grosso, perché è inevitabilmente Allegriana e altrettanto inevitabilmente non potrà staccarsi troppo dai suoi dogmi: qualità e, prima di tutto, sicurezza. E il paradosso continuerà, specialmente con un altro filotto di vittorie.