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Leonardo Cerri, attaccante classe 2003 di proprietà della Juventus, è protagonista oggi di una lunga intervista concessa a Cronache di Spogliatoio.
 

Cerri Juve, l’intervista

 
ALLENAMENTO CON CR7 - «Quella fotografia ce l’hanno scattata nel primo vero allenamento con la prima squadra. Era ai tempi dell’U17: a volte capitava ti chiamassero per fare qualche pressione, ma non una seduta vera e propria. Quel giorno eravamo 7-8 ragazzi, ma poi io e un altro compagno siamo stati chiamati: ‘Venite, oggi vi allenate con la prima squadra’. Sono sincero: quando mi sono ritrovato nel torello o fare qualche azione d’attacco con lui, le gambe mi tremavano. Ritrovarsi a quell’età ad allenarsi e scambiarsi il pallone con uno dei più forti della storia è una bella botta emotiva».
 
ALLENAMENTI CON LA PRIMA SQUADRA - «Ero piccolo, non sono mai riuscito a parlare troppo con loro. Ma ogni volta che potevo allenarmi con loro cercavo di rubare con gli occhi: c’era gente come Higuaín, Mandžukić, CR7. Bastava che mi mettessi a bordocampo a guardarli per imparare milioni di cose in una sola ora d’allenamento».
 
ESORDIO CONTRO L’ARSENAL - «È stata la mia prima vera partita con la Juve. Non sentivo molta pressione, perché era un’amichevole, ma per tutto il tempo ho pensato: ‘È un’opportunità. Giocatela al meglio’».
 
L’ARRIVO - «Vi dico la verità: il primo giorno in cui ho messo piede nel mondo Juventus, mi sono sentito un pesce fuor d’acqua. Ero consapevole delle mie capacità, ma arrivare in una società come questa trovandomi compagni come Miretti o Soulé è tutt’altra cosa. Mi sono sentito fuori contesto per tutto: organizzazione, strutture, qualità. Non ero abituato a quella perfezione. Inizialmente ero combattuto perché c’erano tante squadre, ma è cambiato tutto il giorno in cui la Juventus mi ha invitato a vedere le strutture. Quando sono andato via, mi sono seduto in macchina accanto a mia madre e le ho detto: ‘Questo è il mio posto’. Un giovane non può che crescere bene passando per una società del genere». 
 
NEXT GEN - «Lo step dell’U23 è fondamentale. C’è troppa differenza fra la Primavera e i campionati di A o B. Per me è un gap troppo grande. Giocare in Serie C, con gente esperta, che ha mangiato tanto calcio, e dove l’intensità è molto alta, ti aiuta a livello fisico e mentale. Poi avevamo una squadra molto forte: non credo fosse così facile per l’allenatore fare la formazione. L’U23 della Juventus ha un livello molto alto».
 
DEBUTTO IN SERIE A - «Ricordo tutto di quel giorno: penso che debuttare in Serie A sia il sogno di qualsiasi bambino che gioca a calcio. L’Udinese aveva segnato subito e noi non riuscivamo a riprendere la gara. Vlahovic e Kean erano fuori per infortunio, c’era solo Milik in campo, così nella mia testa nel corso del 2° tempo ha cominciato a passare l’idea: ‘Adesso mi manda a scaldare. Sono io l’unico attaccante di ruolo in panchina, dobbiamo provare a pareggiarla». E così è stato: «Dopo poco, il mister ci ha mandato tutti a scaldare a rotazione. Ero a bordocampo, parlavo con Guerra – un ex compagno – e mentre mi stavo scaldando chiamano Iling. Però c’era tanto frastuono, non si sentiva nulla e così, un po’ per la foga e un po’ per l’emozione, chiedo: ‘Io? Tocca a me?’. E Landucci mi fa: ‘No, no Iling’. Ho detto: ‘Ah, va bene’. Qualche minuto dopo il mister si rigira e inizia a chiamare qualcuno. Rimango fermo, non volevo fare un’altra figuraccia. Allora per farmi capire, fa il gesto: ‘Quello alto!’. Ero io, per forza. Per la testa hanno iniziato a frullarmi mille cose: ‘Cavolo, adesso mi ha chiamato. Credono che possa entrare per dare una mano. Nel momento in cui sono entrato in campo, ho scollegato il cervello. Ero super concentrato. Non è andata come speravamo, ma porterò sempre dietro quell’emozione. Negli allenamenti con la Juventus, ci sono stati due giocatori che mi hanno sempre spronato: Danilo e Bremer. Mi sono ritrovato contro di loro molte volte in allenamento, mi riempivano di consigli ogni volta».
 
OPERAZIONE AL CUORE - «Molto spesso in allenamento sentivo salire particolarmente i battiti del cuore. Perdevo lucidità, la vista mi si offuscava, mi sentivo più stanco e affaticato. Ricordo che i medici mi dissero di star tranquillo. Poi, poco prima del ritiro estivo nel 2021, ho avuto il Covid. Era il mio 2° anno di Primavera. Superato il virus, nelle classiche visite mediche, i dottori avevano visto che la situazione era peggiorata. Mi hanno fermato immediatamente: ‘Devi operarti’. Quando a 18 anni ti dicono che devi affrontare un’operazione al cuore, non puoi rimanere tranquillo. Ho avuto tutte le garanzie dei medici e lì sono riuscito a calmarmi. Pensavo: ‘È solo un altro ostacolo’. L’ho preso come un infortunio di qualsiasi altro tipo. Sono rimasto fermo 2-3 mesi per risolvere quest’aritmia. Ricordo che facevo il conto alla rovescia».