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Tarantolato. Mai fermo. Massimiliano Allegri sa bene quanto conti questa partita e, infatti, in panchina non ci sta mai, torna indietro solo per consultarsi con Landucci, ma quel lungo spazio che divide sedute dal campo è il suo terreno di gioco. Costantemente a bordocampo si dimena, chiede attenzione, coperture e si sgola per trovare una soluzione che possa scardinare la difesa del Verona. C'è da soffrire, lo sa e se ne accorge, forse anche più dell'immaginato, visto che la classifica della Serie A vede l'Hellas in fondo. La sua Juve non è bella e spumeggiante, non è come quella del secondo tempo contro l'Inter, ma pare comunque più leggera rispetto al solito e non si scompone. 

Soffre, si mette in ordine e prova a farsi vedere, con scarsi risultati. Nella ripresa cresce la pressione e con un'azione tutta in verticale colpisce. Milik-Rabiot-Kean, è esultanza, soddisfatta, un po' rabbiosa, sicuramente di sollievo. E mentre Kean va sotto la curva e con calma rientra lui continua con i confronti, perché i cambi sono dietro l'angolo. Miretti e Paredes i primi, poi Di Maria e infine Alex Sandro, la mossa con cui provare a blindare definitivamente la porta di un Perin che ha visto viaggiare tanti palloni ma non è stato chiamato a miracoli. Si ferma per un attimo solo quando Di Bello fischia il contatto su Bonucci, dando però rigore (cancellato dal Var) al Verona. Ma riparte subito, non convinto della decisione e pronto a chiedere spiegazioni al IV uomo.

La gara riparte, anche la sua, ma non può ancora mettersi tranquillo. E con la Juve che non trova il raddoppio il rischio beffa è dietro l'angolo, con gli ultimi minuti come palcoscenico in cui scatenarsi. Ecco, se una volta c'era il giubbotto lanciato a Carpi, oggi c'è la "preghiera". Sì, perché Alex Sandro si fa sfuggire alle spalle Lasagna e deve abbatterlo al limite dell'area, rosso e punizione. C'è Verdi sul pallone, Allegri si accovaccia e non guarda con le mani raccolte e la testa verso il basso. Palla alta, boato e sollievo, si rialza. Il finale è concitato ma senza altri pericoli e la reazione finale fa trasparire tutto: rabbia, grinta e quanto pesi questa vittoria dopo i tre punti, soprattutto dopo l'Inter. L'abbraccio a Landucci, il pugno chiuso verso lo staff e il sorriso che chiude la giornata. E ora la Juve è terza.