Soffre, si mette in ordine e prova a farsi vedere, con scarsi risultati. Nella ripresa cresce la pressione e con un'azione tutta in verticale colpisce. Milik-Rabiot-Kean, è esultanza, soddisfatta, un po' rabbiosa, sicuramente di sollievo. E mentre Kean va sotto la curva e con calma rientra lui continua con i confronti, perché i cambi sono dietro l'angolo. Miretti e Paredes i primi, poi Di Maria e infine Alex Sandro, la mossa con cui provare a blindare definitivamente la porta di un Perin che ha visto viaggiare tanti palloni ma non è stato chiamato a miracoli. Si ferma per un attimo solo quando Di Bello fischia il contatto su Bonucci, dando però rigore (cancellato dal Var) al Verona. Ma riparte subito, non convinto della decisione e pronto a chiedere spiegazioni al IV uomo.
La gara riparte, anche la sua, ma non può ancora mettersi tranquillo. E con la Juve che non trova il raddoppio il rischio beffa è dietro l'angolo, con gli ultimi minuti come palcoscenico in cui scatenarsi. Ecco, se una volta c'era il giubbotto lanciato a Carpi, oggi c'è la "preghiera". Sì, perché Alex Sandro si fa sfuggire alle spalle Lasagna e deve abbatterlo al limite dell'area, rosso e punizione. C'è Verdi sul pallone, Allegri si accovaccia e non guarda con le mani raccolte e la testa verso il basso. Palla alta, boato e sollievo, si rialza. Il finale è concitato ma senza altri pericoli e la reazione finale fa trasparire tutto: rabbia, grinta e quanto pesi questa vittoria dopo i tre punti, soprattutto dopo l'Inter. L'abbraccio a Landucci, il pugno chiuso verso lo staff e il sorriso che chiude la giornata. E ora la Juve è terza.