LA LETTERA - Questa la nota inviata da Messina, da marzo a capo della Direzione centrale anticrimine a Roma, alla Juve: “È stato verificato che codesta società sportiva concede, a titolo gratuito, titoli di accesso all’Allianz Stadium ai cosiddetti “striscionisti” nonostante molti degli stessi risultino essere stati destinatari di provvedimenti Daspo, ovvero condannati per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive”. Messina prosegue: "Tenuto conto della inopportuna prassi finora adottata si voglia provvedere, sin da subito, ad adeguare le procedure di cessione dei tagliandi di ingresso alla normativa vigente, avendo cura di impartire precise disposizioni nei confronti del personale steward che in occasione dei controlli dovrà altresì verificare la piena corrispondenza tra i dati riportati nei titoli di ingresso e quelli contenuti nei documenti di identità, verificando anche quelli delle tessere del tifoso, ritirandole in caso di riscontrate difformità”.
La nota, allegata agli atti dell’inchiesta della Digos e della Procura, che ha portato agli arresti di una settimana fa, è indicata come momento "critico" per l'ipotizzata “associazione" a delinquere per "l’interruzione della concessione di biglietti gratuiti da parte della società sportiva, su esplicita richiesta del questore Francesco Messina”. Un passaggio decisivo: da quei giorni, secondo gli investigatori, ci sarà il compimento di diversi reati per “ripristinare i vantaggi soppressi”. Ma non si tornerà più indietro, fino alla denuncia formale, presentata il 19 giugno seguente, a poco più di due mesi dalla lettera del questore, da Alberto Pairetto, Supporter liaison officer (Slo) della Juve, l'incaricato dalla società a curare i rapporti con i tifosi. Da quell’atto partirà l’indagine della Digos, da quella primavera la Juve cambiò la gestione dei rapporti con gli ultras, agendo in sinergia con le forze dell’ordine.