4
Tre anni e quasi tre mesi. E la vetta torna, e lo fa nella maniera più bella. La Juventus è prima in classifica e solo a leggerlo vi si riempie la bocca: è l'effetto che fa, soprattutto dopo una notte stregata in cui i bianconeri hanno vestito i panni dei Ghostbusters e li hanno scacciati tutti, quei fantasmi. A uno a uno. Scrollandosi di dosso non solo la sensazione di vertigine: sembrava paura di volare, e l'importante per Allegri era diventato non cadere. Ecco: le sliding doors del calcio sono così, aprono mondi esattamente quando sembrano chiusi a chiave. Così, Allegri mette Milik per Vlahovic e tutti gli danno del "cagòn" (copyright Tevez, ricorderete); alla fine Milik è decisivo e Cambiaso la butta dentro: due intuizioni giuste. 

LE ARMI GIUSTE - Tutto sommato la Juve aveva affrontato questa gara con spirito giusto, giocate importanti, la verve di Kean che pareva potesse bastare. Quattro occasioni nitide solo per il centravanti italiano. Altre due fugaci per Vlahovic, che pure è sembrato in ripresa. Eppure la palla girava ma la fortuna no: si è fermata a due passi da Montipò, bravo a più riprese nel negare la gioia ai bianconeri. Il tempo è passato, i tentativi si sono susseguiti e la partita era inchiodata sul risultato che temeva Allegri: "Certe gare sono solo da vincere", aveva raccontato alla vigilia. Ed è così. Se vuoi stare lassù è esattamente questa roba qui: superare le piccole, di riffa o di raffa, di Milik o di Cambiaso. Farlo questa sera dà quell'adrenalina in più, la gioia che davvero decide le stagioni. La sensazione di essere imbattibili proprio perché si è imbattuti. 

UNA NOTTE IN VETTA - Poi c'è il fattore avversarie. I tre punti di Juve-Verona hanno prevalentemente l'effetto deterrente nei confronti di Inter, Milan, Napoli. Di chi doveva stare davanti, insomma. Non c'è Champions e ci sarà riposo. Soprattutto c'è la Juventus lì sopra, che non avrà una squadra con mille partite sulle gambe, ma ha un gruppo vero, che ci crede perché sa di poterlo fare e perché ha le energie per provare fino alla fine. Più una discreta panchina. Sono ingredienti, questi, che non aveva il Milan scudettato di Pioli. A ripensarci neanche il Napoli di Spalletti. Certo, viaggiavano su altre velocità e con idee di gioco differenti. Ma chi dice che per portare a casa il massimo risultato ci sia solo un percorso utile? Unghie e denti sono parte di ogni successo: ripartire da qui vuol dire iniziare a crederci sul serio.