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Si chiude in un abbraccio a centrocampo, l’avventura in Youth League della Juventus Primavera, eliminata in semifinale dal Benfica. Si chiude con il discorso appassionato di mister Bonatti, che da furia incontrollabile a bordocampo, si trasforma in figura paterna, a tranquillizzare i suoi, a dimostrarsi orgoglioso del cammino fatto, nonostante non ci sia il lieto fine. Si chiude come spesso si chiudono le favole nel calcio – è il bello e il brutto di questo sport -, con la lotteria dei rigori a decretare vincenti e vinti, a dividere gioia e tristezza.
 
Il sogno si stava concretizzando, nelle due perle firmate Chibozo e Turicchia, nei crampi dell’ultimo minuto, nell’ultimo scatto, nell’ultimo cross disperato. È svanito con gli errori dal dischetto, è diventato tristezza e lacrime, un incubo. Solo momentaneo, però, perché quello che giocatori e staff stanno provando adesso, si trasformerà in consapevolezza. La consapevolezza che il percorso è quello giusto: coraggio nelle scelte, societarie e di campo, testardaggine nell’andare avanti per la propria strada, rischiando e assumendosene le responsabilità. La consapevolezza, ancora, che oggi il settore giovanile della Juventus, rappresentato dall’Under 19, è diventato locomotiva del movimento calcistico giovanile italiano.
 
Il lungo viaggio che ha portato fino a Nyon è stato bellissimo. Fatto di vittorie nette e prestigiose, di partite giocate a livelli altissimi, di calcio propositivo e innovativo, di divertimento e crescita. Qui, la mano di mister Andrea Bonatti e di tutti quelli che lavorano al suo fianco. Qui, i piedi di giovani calciatori che credono nel lavoro quotidiano, che onorano il peso di vestire la prestigiosa maglia bianconera e che quei colori li hanno portati in alto in giro per l’Europa. Per tornare alla partita, probabilmente oggi è mancato l’apporto di alcuni tra i più attesi. Capita, anche i grandi campioni, a volte, mancano l’appuntamento con la gloria. Ma la strada è ancora lunga e, di certo, costellata di soddisfazioni e vittorie. Tutto questo, si costruisce anche su fondamenta fatte di delusione e lacrime, come quelle di oggi.