SOLITE SCELTE - L'imbarazzo che provava dopo il primo Atletico-Juve della stagione, ecco, non è mai andato via. Da lì è arrivato lo 'scontro' con Emre Can, sempre da lì è nata la tensione di Fabio Paratici. Nulla d'irrisolvibile: non sono Batman e Joker, ma qualche parola probabilmente è volata nella strenua difesa delle loro convinzioni e posizioni. Ora, però, il lavoro del capo dell'area sportiva è terminato: inizia seriamente quello dell'allenatore. Si ritrova 28 unità e una tendenza mai così pericolosa: quella di affidarsi sempre agli stessi undici uomini. O meglio: agli stessi quattordici. Perché pure nella zona cambi, la fantasia di Sarri si è mostrata precisamente limitata.
LA GESTIONE - Si narra che Aurelio De Laurentiis gliel'abbia fatto più volte notare, in quel di Napoli. E che Sarri, sempre con il sorriso sul volto e un rispetto con più crepe di un'abbazia settecentesca, glissasse impugnando i risultati. Alla Juve potrà fare lo stesso? Vincere non ti garantisce sopravvivenza: l'ha palesato Allegri, che sulla gestione della rosa ha quotidianamente costruito le sue fortune. Soprattutto, l'ex allenatore del Milan è stato bravo in un aspetto: la Juve - ha capito - non era paragonabile a nessun'altra avventura, a nessun'altra istituzione. Diversa dai rossoneri, nonostante una bacheca simile per profondità. Il materiale a disposizione ha saputo elevarlo, Max. Era una sfida quotidiana che accettava con la faccia tosta di un sano livornese. Dalle parti di Sarri si è più schivi e figli della quiete: le tempeste, quando arrivano, lasciano più danni perché non è facile coprirsi come si deve (pure quello è un talento naturale). Dopo le prime piogge di settembre, Maurizio si è ritrovato a fare una scelta coraggiosa, ad affrontarne le conseguenze. L'ha fatto a suo modo, poi. La Juve non è il Napoli: l'abbondanza, per chi è abituato a inventarsi tutto dal nulla, rischia di essere un Cavallo di Troia. La routine può solo invalidare un arco con le più temibili e disparate frecce.