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Quando Andrea Agnelli ha utilizzato la parola 'entusiasmo' deve averla calibrata al massimo. Del resto, in dieci anni di presidenza, neanche una volta ha parlato per il solo gusto di farlo: dietro ogni parola c'era il progetto, c'era la visione, c'era soprattutto un sentiero che ai più era nascosto. E che a lui sembrava sempre più chiaro, limpido nella sua immediatezza. Ecco perché, davanti alla decisione più difficile della sua storia bianconera, anche i più scettici si sono arresi alla controprova del campo, che arriverà: alla base, tutti sono stati mossi dalla fiducia incondizionata (ma conquistata a suon di vittorie) nutrita nei confronti del numero uno della Juventus. 

JUVE AGLI JUVENTINI - E l'entusiasmo sì, era un sentimento necessario. Dopo un anno strano e difficile da interpretare, dopo una disaffezione quasi naturale per prestazioni e protagonisti, la tifoseria si era ritrovata per la prima volta spaccata a metà. C'era chi ricordava i fasti, chi a fatica si adattava al nuovo che stava avanzando. Un anno di litigi esterni, poi scopertisi pure interni: quella strana e pesante aria che tirava attorno alla squadra è arrivata pure nelle stanze della Continassa. "Non è scattato il feeling con la squadra", la spiegazione che ha utilizzato Agnelli con Maurizio Sarri, reo di intraprendere un'unica strada e cioè la sua. La risposta dev'essergli sembrata naturale, al presidente. Serviva un uomo ancor prima del tecnico, una persona in grado di unire le varie anime di questa squadra: dal gruppo alle ambizioni, dal lato psicologico al campo tout court. Pirlo è stato un compromesso, tutto il resto un corredo a strisce bianche e nere. A partire da Bertelli, pezzo fondamentale della Juve di Conte. Chiudendo ieri con Igor Tudor, che verosimilmente coordinerà il lavoro difensivo. Serviva entusiasmo e voglia: sta arrivando il carico da novanta. Tutto juventino.