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Alla fine, la festa della Juve è stata esattamente la festa di Dusan Vlahovic. E la sorte ci ha messo lo zampino, com'è meraviglioso che sia. Un calcio di rigore e una punizione, il mancino libero di essere sfoderato (con deviazione di Muharemovic nel secondo caso) e sì, i tifosi lì, tutti dalla sua parte. A dirgli che questa qui, questa di Torino, è casa sua e da questa casa non dovrà andar via. Soprattutto se al suo posto, sull'uscio, dovesse presentarsi Romelu Lukaku. Fino a qualche settimana fa, odiato avversario con tanto di caos e casi generati. 

DUE GOL PER... - Ed eccoli, i due gol. Che potrebbero essere gli ultimi. Ma che intanto rappresentano un punto di ripartenza: dopo il viaggio-lampo in Baviera, ufficialmente e praticamente per questioni fisiche, Dusan ha dimostrato intanto di star bene. Primi due tocchi sballati, poi però si è messo al servizio della squadra, ha aperto varchi e ha trovato la fortuna per cui ha lavorato. Non è nulla, sia chiaro: davanti aveva difensori da Serie C con il chiaro intento di non rovinare la giornata a nessuno. Però tanto è bastato per guadagnarsi applausi, affetto, cori. Trentanove minuti in cui si è sentito centrale nel progetto Juve, anche se centrale non lo è. 

LO SGUARDO DI ALLEGRI - E se i tifosi, Lukaku, non lo vogliono, chi è che non vuole Dusan Vlahovic? Max era seduto sulla panchinetta al di sotto di quella ufficiale, insieme ai collaboratori: rideva, scherzava e parlava, in particolare con Magnanelli e Landucci. Quest'ultimo ha gestito in piedi tutta la gara: all'uscita di DV9, cinque e abbraccio, immaginiamo un "bel lavoro" stretto tra i denti. Da Allegri uno sguardo. Stop. Mentre tutto lo Stadium incitava. Faceva capire. Si opponeva al pensiero generale: non ci sarà più spazio per Dusan, ma c'è ancora tutto l'affetto.