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La Juventus sotto la guida di Thiago Motta mostra un'identità di gioco chiaramente diversa rispetto alla squadra allenata da Massimiliano Allegri. Il cambio di filosofia è evidente: la nuova Juve predilige un possesso palla più elevato, un baricentro decisamente più alto e un’aggressività maggiore nel recupero dei palloni. Questo approccio porta i bianconeri a essere più verticali nei passaggi, cercando costantemente di proiettarsi in avanti con rapidità.

Nonostante questi aspetti positivi, la squadra fatica a tradurre il possesso palla in vere e proprie occasioni pericolose nella fase offensiva. È proprio qui che emergono le principali criticità. Kenan Yildiz, talentuoso ma ancora discontinuo, si accende solo a intermittenza e non riesce a garantire quella costanza necessaria per fare la differenza negli ultimi metri. Timothy Weah, sebbene dotato di velocità e capacità di attaccare lo spazio, risulta pericoloso solo quando viene lanciato in profondità, limitando così le opzioni offensive della squadra. Inoltre, Dusan Vlahovic, l'attaccante di riferimento, continua a essere fuori fuoco in fase di conclusione, non riuscendo a concretizzare le opportunità che gli si presentano.