“Bisogna essere duri senza mai perdere la tenerezza”, diceva qualcuno e la frase sembra poter fotografare il Paolo Montero conosciuto nella sua avventura da allenatore della Juventus. “Grazie di essere venuti” è il commiato dopo ogni intervista post partita, interviste che, anche quando non risparmiano domande scomode in momenti difficili, non sfociano mai nella tensione ma restano nell’ambito del dibattito rispettoso. Un’altra costante: la protezione del gruppo allenato e la responsabilità presa in prima persona. Montero è una persona per nulla banale, una leggenda che non sa di esserlo verrebbe da dire, vista l’umilità con la quale si approccia con il prossimo. Anche con i giovani cronisti senza pedigree e santi in paradiso.
Dicevamo della fama che Montero si è costruito alla Juventus. Dal punto di vista del campo, quella del difensore arcigno, anche se in molti dimenticano le qualità tecniche con palla tra i piedi. E il grande paradosso di questa sua seconda avventura in bianconero è questa: non essere riuscito a risolvere il rebus della difesa. L’Under 19 prima e la Next Gen poi si sono dimostrate spesso troppo fragili dietro e questo ha minato le fondamenta della sua permanenza alla Juventus.
Si è scelto per l’esonero ed è la scelta giusta: perché la Next Gen ha bisogno di una scossa, perché Montero ha le sue responsabilità che, lui stesso, non ha mai cercato di distribuire in giro. È la scelta giusta perché rispetto e riconoscenza non devono entrare nelle analisi di chi decide le sorti di una squadra. È la scelta giusta, ma c’è anche una certezza: finisce una storia, non finisce la Storia di Montero con la Juventus.