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Quando la Juve ha rischiato di pareggiare con il Monza, in un finale convulso e complicato, Daniele Rugani era stato intercettato in panchina dalle telecamere di DAZN. Le sue parole: "Così si perdono gli scudetti". Esatto: proprio così. Proprio andando a impattare partite in cui la prassi teoricamente sarebbe quella di giocare, dominare, segnare e andare a casa. Anzi: andare a San Siro con un vantaggio chiaro e netto, tale da far paura ai più forti di tutti. 

Che amarezza, allora. E che dispiacere. Per un gruppo che anche queste sera era stato compatto, coeso. Forte nella sventura e nell'errore grossolano di Milik. L'aveva ripresa tenendo i nervi saldi e si è sciolta davanti alla richiesta di dispiegare nuovamente i nervi. Il gol di Baldanzi ha colpito più forte del rosso al Quattordici: tutto lo sforzo profuso in precedenza non aveva più margine di ricrearsi. Gambe molli e paura hanno fatto il resto. 

Cosa vuol dire, però, questo pareggio in ottica futura? Una verità certamente più amara del previsto. Nessuno aveva dubbi sul fatto che questo gruppo avesse over performato, ma fermarsi sul più bello vale il rischio più feroce di tutti: ora toccherà vedere il contraccolpo psicologico. Se ci sarà. E se ci sarà, come verrà gestito. 

Un nuovo test per la squadra e per Allegri, proprio ora che entrambi si sono rivelati tutt'altro che infallibili. Uno con la scelta di schierare Milik - certo, analizzata col senno del poi -, l'altra senza forza di trovare una nuova reazione. Non c'era più spinta, e forse era pure un po' fisiologico. Che peccato, però: la sbandata prima della curva decisiva, almeno in Formula 1, solitamente è sempre la più decisiva. In bocca al lupo per l'impresa.