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Ne ha fatta di strada, la matricola al primo anno di Università. Più di quanta se ne potesse aspettare, ad una velocità folle, quasi quanto le corse di Boattin sulla fascia sinistra. Ha imparato tanto: come gestire la tensione delle grandi partite ma, soprattutto, di essere una squadra forte. È proprio questa la chiave che ha permesso alla Juventus Women di stupire tutti e fare un percorso europeo al di sopra di ogni aspettativa e passare il turno in Uefa Women’s Champions League, in un girone di ferro. Di partita in partita, le bianconere hanno acquisito consapevolezza della propria forza, hanno compreso di avere tutte le carte in regola per giocarsela, e così è stato. La partita della svolta? Probabilmente l’unica sconfitta del girone, quella contro il Chelsea vice campione d’Europa. In quella serata, al di là del risultato, la squadra di Montemurro non è uscita dal campo – dopo la sconfitta – a testa alta, come la squadra materasso che non ha fatto altro che seguire la strada prefiguratale dal destino. È uscita dal campo, invece, con l’amarezza di chi poteva strappare il risultato, con la consapevolezza di poter stare a quel livello.
 
Con la vittoria sul Servette, ultimo ostacolo della fase a gironi di UWCL, la Juventus Women ha messo la ciliegina sulla torta. Una torta di quelle belle, da cerimonia, ma che lascia un pizzico di amaro in bocca, quando la si assaggia. Come si diceva, la Juventus Women ha fatto un percorso europeo a tutta velocità, ma l’impressione è che sia stata fin troppo veloce per il movimento che la circonda. Il pubblico, questa sera all’Allianz Stadium, non è stato quello delle grandi occasioni - il freddo è stato sicuramente un fattore - e il colpo d’occhio scarno, rispetto alle partite contro Chelsea, soprattutto, e Wolfsburg. La qualificazione raggiunta dalle Women è come una picconata su un muro fatto di pregiudizi, battutine, sottovalutazione. Una picconata in grado di creare una crepa, ma non di aprire un varco, non ancora. Quello che questo gruppo di lavoro ha dimostrato – dalla dirigenza, allo staff tecnico, fino alla squadra – è che la testardaggine e la voglia di lavorare e crescere non manca. La strada è ancora tanta, in questo senso. Anche se un passo in avanti storico è stato fatto: chapeau.