Al centro dell’attacco, al centro del progetto, uomo immagine, vero erede di Cristiano Ronaldo. Sei mesi per ambientarsi e prendere le misure del mondo Juve e poi una stagione per posare la corona sulla testa e prendersi tutto. Niente di tutto ciò. Problemi fisici e lunghi digiuni sono quello che resta. Oltre a questo, 14 gol stagionali in tutte le competizioni e 4 assist. Un bottino ricco per un comprimario, scarso per uno a cui è stato cucito addosso il ruolo di protagonista. Questione di punti di vista.
Ad oggi, il resto della storia sembra un copione già scritto. Si cambi de Ligt con Vlahovic e si notino le similitudini tra la scorsa estate e questa. Un sacrificio da fare per tagliare i costi, la scelta ricade sul giocatore con più mercato e maggiore possibilità di monetizzare. Dall’altra parte, una naturale tendenza al miglioramento, l’ambizione di poter essere annoverato tra i migliori al mondo, al fianco dell’alieno Haaland.
"Ha potenzialità per fare un'ottima carriera", ha chiosato Allegri in conferenza stampa. L'impressione é che succederà lontano dalla Juventus.
Doveva essere una storia d’amore, è stato un colpo di fulmine. È bruciato velocemente e il caldo abbraccio di quelle fiamme lascia ora il posto alle bruciature. Non è andata, bisognerà farsene una ragione. Non è andata e non ci sarà nemmeno il momento dei saluti, vista l’indisponibilità di Vlahovic in questo finale di stagione. Molto probabilmente, l’ultima apparizione sarà quella nella disastrosa trasferta di Empoli. L’ultimo gol, quello dell’illusione, a Siviglia. Se vogliamo, metafora perfetta di quello che poteva essere e invece non è stato.