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Per capire l'importanza di questa vittoria, ecco, basta fare una ricerca in tempo reale su cosa sia diventata la Juventus in questo momento: intanto, seconda in classifica. A trentasette punti su diciassette partite. A undici vittorie accumulate con un filotto iniziato quando ne aveva appena tre, di successi in campionato. A una manciata, e per ora quattro, di punti dalla capolista che proprio non sapeva come fermarsi, neanche con le assenze di Kvara e Osimhen. E in fondo, a parte uno svarione, non l'ha mica fatto. 

VINCERE AL PRIMO POSTO - Questo è un miracolo, forse. Di sicuro è qualcosa oltre il normale, che spegne pure le polemiche sul gioco, sui giochisti e schiera tutti dalla parte dei risultatisti. Come sempre, la pancia vuota indica perfettamente le priorità: e il primo punto di questa Juve resta vincere, chiudere la giornata sorridendo. E magari senza prendere gol, che sta diventando forse la costante più incomprensibile di tutte. Pure stasera: un rischio enorme con Walace, poi fili di leggerezza sparsi, ma mai una vera occasione concessa agli avversari. La sensazione, ecco, è che la Juve si senta proprio forte. Che sappia, diversamente dalle prime battute stagionali, in che modo possa far inginocchiare la partita, portarla secondo la propria volontà. C'è una dose di fortuna, in tutto questo? Andando avanti, si accumulano le prove. E più prove fanno una tesi. Sempre più difficile da confutare. 

UNA FINALE - Non poteva finire in altro modo, a pensarci. Sia per il ricordo di Luca Vialli - l'ultimo a mollare, sempre e comunque -, sia per la testardaggine mostrata dalla squadra di Allegri. Brava a tenere, ma disorganizzata nell'andare. Nella confusione, stavolta i bianconeri non hanno generato caos buono e cioè occasioni. Hanno solo provato a sfondare: centralmente, sugli esterni, dialogando. Nella compattezza dell'Udinese, l'unica arma è stato lo strappo di Rabiot, fino a ritrovare lo sprint di Chiesa dopo qualche guizzo di Di Maria. Ed è qui, come dice Allegri, che si gioca la stagione della Juventus: sulla qualità dei singoli, quando saranno a disposizione. Napoli assume tutti i tratti di una finale: vincere vorrebbe dire iscriversi seriamente alla lotta scudetto e riaprire un'orizzonte forse chiuso troppo frettolosamente, anche dalle parole del tecnico (che sotto sotto cova il sogno, come un anno fa pre Inter). Pure lì, soprattutto lì, dipenderà da come, chi, cosa sarà in campo. Nella sera in cui si è dato l'addio all'uomo dei sogni realizzati, ce n'è un altro che sta maturando.