CHE CUORE - Alla ripresa i nuvoloni su Torino erano diventati sentenza anche per Andrea Pirlo, ritrovatosi con una squadra vuota e priva di spunti, discontinua nel suo cercare la porta e mai in grado di superare con qualità il centrocampo avversario. Bentancur abbassava i giri, Rabiot fabbricava confusione. E Dybala? Ombra di vecchie storie, in una posizione inutilmente defilata e sempre troppo lontano dagli scambi stretti con Cristiano. Insomma, sembrava chiusa. Finita un'era esattamente come cinque anni fa: fu decisivo Cuadrado, con una corsa a perdifiato su un cross vagamente somigliante al nulla cosmico. Anche stavolta, il colombiano ci mette il destro e pennella l'assist decisivo per McKennie. Ci fosse stato il pubblico, lo Stadium avrebbe faticato a reggere l'urto.
FINO ALLA FINE - A quel punto era palese, così come diverso era lo sguardo negli occhi dei giocatori. Nel momento stesso in cui ha pareggiato, la Juve ha capito di non potersi fermare. Non lo meritava questo gruppo, non poteva permetterselo la classifica. E non è stato Ronaldo l'arma in più per scardinare la sorte, così come facilmente si pronosticava in sua assenza: per la prima volta, la Juve ha avuto la lucidità di giocarla e organizzarsi, di dare un senso compiuto alla mole di lavoro e di azioni. Il gol di Bonucci è stata naturale conseguenza di cuore, coraggio e finalmente testa. Così si sfoga davvero un impeto: indirizzando tutta l'energia, prendendone i tratti buoni e futuribili. Che grande lezione, questo 'fino alla fine'.