CRISI DI IDENTITA' – Qualcuno fin qui si starà pure divertendo un po' di più rispetto al passato, a troppi gol concessi agli avversari effettivamente stanno corrispondendo tanti gol in più segnati. Ma nel partito di chi gode, per ora, c'è soprattutto il popolo degli scontenti degli ultimi sei anni. A parole, il problema è chiaro e tutti remano nella stessa direzione: si tratta di atteggiamento, di concentrazione, di fame. Ma dalla Supercoppa in poi, ormai sono tre mesi che si sente sempre lo stesso ritornello intonato dal direttore d'orchestra Max Allegri e ribadito da quei senatori frastornati anche dal disastro della Nazionale: le parole di Chiellini fanno male e fanno riflettere, fanno eco ad altre precedenti dichiarazioni ora di Buffon, ora di Barzagli e tutti gli altri. Si tratta di errori individuali che si ripetono anche cambiando gli interpreti, tra chi non ce la fa più (Lichtsteiner su tutti) e chi non ce la fa ancora (guardando ad altre zone del campo perché non si vive di solo possesso), tra chi si accende e si spegne. Chiari i problemi, le soluzioni lo sono solo a livello teorico visto che la Juve incappa con troppa frequenza negli stessi black-out figli anche di un passagio tra vecchia e nuova generazione che per ogni passo avanti ne vede seguire uno indietro. Certo, il dopo Cardiff è meno traumatico del dopo Berlino, in fondo la Juve a questo punto della stagione deve recuperare “solo” 4 punti e non ipotizzare un rimontone impossibile come quello di due anni fa. La differenza è che le altre corrono, la differenza è che chiunque ora sa che contro la Juve sognare si può perché segnare è diventato facile: subire gol al primo tiro, è un limite, un difetto, non un alibi. Due, tre o quattro punte poco cambia, se il problema è nella testa e non nelle gambe: Allegri è uscito fuori vincente da situazioni ben più complicate, ma queste sabbie mobili progressivamente stanno impantanando una Juve che non può più perdere tempo.
@NicolaBalice