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Siamo solo all'inizio, eppure ne abbiamo già viste e sentite tante. "I ladri sono tornati", "la Juve ha già ricominciato a rubare", "ci hanno tolto una vittoria certa" - quest'ultima frase pronunciata nientedimeno che da un dirigente in veste ufficiale - e chi più ne ha più ne metta. E il tutto per quel calcio di rigore non concesso al Bologna per un intervento di Iling su Ndoye, nella stessa partita in cui i bianconeri si erano visti negare a loro volta un penalty per un fallo di Moro su Chiesa. Scandalo! E proteste, e reclami, e polverone mediatico... Ormai manca solo un'interrogazione parlamentare, con l'Italia intera subito pronta a sposare la causa rossoblù con i picconi alla mano pur di sparare al bersaglio della tanto odiata Juve.

E in tutto ciò che cosa succede alla Continassa? Niente di niente, regna il silenzio più totale (escludendo la sfuriata di Massimiliano Allegri, che avrebbe gradito un intervento della società).Nemmeno una parola, nè scritta nè pronunciata a voce alta, per difendersi dagli attacchi, nessun cenno di fronte a una narrazione ancora una volta a senso unico, tesa a raccontare la Juve come la responsabile di tutti i mali del mondo, o quantomeno di quelli del calcio italiano. Come se non fosse bastato l'accanimento mediatico dovuto alle vicende giudiziarie, la società ha scelto di nuovo di trincerarsi tra le sue mura, subendo sempre di più - e facendo subire ai propri tifosi, ormai stufi di difendersi da soli - l'esplosione di rabbia degli avversari, come un colpevole qualsiasi che accetta il proprio destino facendosi condannare a furor di popolo. Siamo solo all'inizio, dicevamo, ma così non si può andare avanti. Perché va bene lo stile, va bene confermare una linea che negli anni ha garantito alla Juve stima e rispetto, ma forse non è più tempo di restare in silenzio, in un calcio che di stile non ne ha e che lo stile non lo riconosce più.