I SEGNALI - Per la Juve sembra un cambio di rotta, questa stagione: la prima dimostrazione è l'ingaggio di Pirlo. Non ci saranno dunque investimenti "faraonici", come sono stati Ronaldo e De Ligt, ma allo stesso tempo è dura mantenere a lungo una rosa così costosa per ingaggi. L'obiettivo è quello di tornare "sostenibili": intanto la valorizzazione dei giovani, quindi sfruttare il mercato anche per generare plusvalenze e monetizzazioni sul mercato. La Juve non perderà in competitività, ma perderà qualcosina, "regalando un campionato più equilibrato". Serve dunque razionalità: spese pazze, au revoir. Per dirla nella lingua di Pogba.
UNICA - La Juve è l'unica squadra nella "top 10 della Money League" ad avere per anni il segno meno negli incassi: è un unicum europeo, non esattamente italiano (solo il Napoli quest'anno avrà un utile netto). Scrive CF: "In questo il club è sicuramente penalizzato dalla scarsa attrattiva della Serie A rispetto ad altri campionati maggiori europei. Il Covid potrebbe rimescolare le carte, ad esempio penalizzando Premier League e Liga che hanno fatto degli investimenti faraonici un modello culturale. Ma lo squilibrio economico del sistema-calcio italiano, con un modello di business generale poco attrezzato per intercettare i ricavi in un mercato globale, non sembra preludere alla possibilità di colmare il gap". Gap che per ora resta, nonostante uno status quo importante. Ecco, proprio quest'ultimo sarà difficile da mantenere, conti alla mano: la Juve non ha un azionista dalle risorse illimitate come Psg o City, neanche una governance diffusa come Barcellona e Real Madrid. Al centro del progetto dev'esserci il valore, il valore degli asset che necessariamente devono crescere.