La sensazione, al momento, è che i bianconeri stiano pagando soprattutto l'inesperienza, il gap con squadre abituate da tempo alla "durezza" di un campionato come quello di Serie C, in cui spesso e volentieri è la fisicità ad avere la meglio sui valori tecnici. Che alla Juve non mancano, questo è indubbio, ma che devono anche essere commisurati all'età dei giocatori in rosa, decisamente più bassa in media di quella delle altre formazioni di Lega Pro. Da non dimenticare, inoltre, che nel corso dell'estate la Next Gen ha cambiato diversi interpreti, salutando "pilastri" di ogni reparto come Nikola Sekulov, Alessandro Sersanti, Mattia Compagnon e Alessandro Pio Riccio - tutti passati in club di Serie B, dove quindi potranno proseguire il loro percorso di crescita - e accogliendo volti nuovi che, per quanto talentuosi e promettenti come Livano Comenencia, devono ancora, evidentemente, trovare la loro giusta collocazione. Se poi deludono anche i cosiddetti big - termine che fa quasi sorridere, accostato per esempio a un classe 2005 come Dean Huijsen - è chiaro come la situazione finisca per complicarsi.
Ed è proprio in difesa, effettivamente, che fin qui la Juve Next Gen ha palesato le maggiori difficoltà: già otto i gol subiti in tre partite, sia per errori individuali che per letture sbagliate dell'intero reparto. Un po' meglio la situazione dal centrocampo in su, dove ora la punta di diamante è l'azzurro classe 2004 Luis Hasa, in azione alle spalle di un attacco che ha già visto alternarsi diversi interpreti (tra cui contro la Spal Kenan Yildiz, verosimilmente solo di passaggio al "piano inferiore"). Lo si è ripetuto più volte, in Next Gen i risultati non sono l'unica cosa che conta. Ma prima o poi la classifica andrà mossa, per cui la speranza è che Brambilla possa trovare il giusto amalgama quanto prima. Anche perché ora incombe l'Ancona, altra avversaria con cui c'è poco da scherzare.