Approfittando dell'inchiesta Prisma, John Elkann ha preso la palla al balzo. Era da tempo che al presidente della Exor non piaceva come il cugino Andrea considerava la Juventus, ovvero un suo giocattolo. O meglio, ha visto che, con Andrea lasciato da solo alla guida, con le proprie idee, insieme ai più stretti amici (Paratici, Nedved), l'automobile ha cominciato a sbandare. Conti fuori controllo, aumenti di capitale a ripetizione (fra i mugugni anche di qualche socio della cerchia dei parenti), risultati, sul campo, mediocri. Ma in pochi credevano che l'auto sarebbe andata a sbattere contro un muro così presto. In tre anni si è smontato quello che si era costruito in due lustri o quasi. E non solo sul piano amministrativo finanziario, anche sul terreno di gioco. È inutile stare qui a ripetere una storia recente fatta di scelte affrettate (gli allenatori), di contratti imprudenti (i giocatori a parametro zero), di comportamenti temerari (Paratici docet), di annunci prematuri: la Superlega.
Una volta che “il vecchio” Marotta è stato messo alla porta, i “giovani turchi” si sono impossessati del potere, pensando, come spesso avviene, che il vento nuovo spazzasse via gli eccessi prudenziali del passato. È, appunto, una scena già vista e non è detto che l'innovazione non funzioni. A patto che si faccia tesoro dell'esperienza, cercando sempre una forma d'equilibrio. Senza Marotta, quell'equilibrio fra passato e futuro, fra sogno e realtà si è frantumato, con il risultato di dare spazio a un'ostinazione giovanilistica, capace di far sembrare tutto facile e tutto possibile. È questa cultura semplicistica e decisionista, senza alcuna considerazione per le conseguenze (tanto paga sempre Pantalone), quella che John Elkann ha deciso di recidere in un colpo solo.