La prestazione contro il Napoli è stata più d’una sconfitta (anche se l’anno scorso, a questo punto, i bianconeri erano imbattuti in Italia). Non il punteggio, ma il modo “ancor offende”. Una squadra molle, svagata, involuta; un tiro in porta in 94 minuti. Giocatori stanchi, come l’eternamente stanco Pjanic o fuori ruolo, come Douglas Costa. Giocatori confusi e farraginosi, risucchiati e infilati da un squadra “in crisi”. Sarri parla di “calo mentale”, ma questo è un ritornello buttato lì ogni volta per non dir niente. Il calo è sembrato sì mentale, però anche tattico e atletico. Come dire: su tutta la linea.
Attaccarsi ai 3 punti di vantaggio e al primo posto del girone Champions suona come una scusa, ma alla Juve devono sentirsi maledettamente sicuri se il problema è vendere e non acquistare.
Non è tanto rilevante sapere che Sarri non si curi della campagna acquisti. La domanda da porre è un’altra: sembra utile che a un allenatore non interessino i giocatori da acquistare o da vendere? E, davvero, non è opportuno che un tecnico non valuti, non chieda, non proponga? Non crediamo all’allenatore demiurgo in grado di plasmare ogni calciatore secondo i suoi desideri. Crediamo poco anche al tecnico mero esecutore, alla mancanza di dialogo con i dirigenti. In una parola: alla mancanza di desideri.
Certo, Sarri è arrivato in ritardo, a cose fatte, coi vari Rabiot, Ramsey, Danilo già accasati, ma fa pensare il fatto che preferisca le battute generiche sulla maglia a strisce o “sui ragazzi del Napoli” piuttosto che esprimere qualche richiesta.
In fondo, il tanto criticato Conte a causa della sua irruenza, alla fine ha avuto ragione. Se critiche o lamenti servono a migliorare la squadra, ben vengano. Anche questa, forse, è una questione “mentale”.