commenta
Sono 38 le partite, 19 andando, 19 tornando. Prima o poi toccano tutte, o di riffa o di raffa. E allora? Dov'è il fascino, il mistero, lo sconfinferamento di assistere al sorteggio delle giornate del prossimo campionato di Serie A?
 
Al netto della diffusa “rottura” di zebedei, dovuta all'astinenza dai 3 punti, quelli che contano veramente e che non sono sindacabili, magari discutibili, ma sindacabili no; al netto anche da un periodo di mercato che sfigura anche i volti più truci, perché la vita del tifoso non è quella di macerarsi dietro il “ci siamo”, “si complica”, “solo un passo” (sembra di riascoltare una vecchia canzone di Battisti: come può uno scoglio/arginare il mare…), insomma il calendario è la prima cosa almeno ufficiale della nuova stagione.
 
Basta aleatorie affermazioni. Ora si sa che la Juve alla prima va a Parma e di qui non si scappa. E si sa che anche Sarri, la settimana dopo, non scappa dal suo passato. Almeno lui il dente se lo toglie subito. E la preparazione della Juve si intensifica come d'incanto. Mica vorrete che Sarri Maurizio da Napoli, con transito toscano, non si permetta di mazzuolare il tempo che fu? Manco per niente, a costo di stritolare i “gioielli” a Pjanic, se non gioca veloce.
 
Siccome chi scrive non ha la benché minima fiducia sulla assoluta imparzialità delle scelte attribuite al cervellone, faccio in fretta a denunciare la follia di un tale big-match alla seconda giornata. In fase di approssimativa condizione delle due pretendenti al titolo finale, fissare la “madre delle partite” al 1° settembre è da manicomio, non fosse altro perché le conseguenze di un ritardo di condizione verrebbero trascinate per l'intera stagione. Come farlo capire a chi, venendo dalle realtà minori, parteggia per i “play off”? Così va il calcio italiano, “e più non dimandare”.
 
Meno male che il calcio si salva con il suo DNA, fatto di rivalità alimentate nel corso degli anni, di cambi di fronte e di salti di quaglie astute, di agguati e vendette sportive per cui vivere e tenere duro. È il caso di un tecnico amato e venerato all'ennesima potenza dalla sua gente, nel quale si identificava, si specchiava, si affidava totalmente per sortire dalle sabbie mobili in cui la “grande truffa” l'aveva cacciata. Ecco, nessun calendario prevede il sentimento, ma la gente del calcio, quella che soffre, esulta, dà un senso umano ancora ad un gioco che lo è sempre meno, sì. La gente bianconera sì, lo aspetta quello là. Il traditore, il transfuga, il “mollo tutto dopo 2 giorni”, il saltatore di navigli, ma quelli più scuri e scivolosi, gli unici dove non andare, mai.

Il cervellone ha deciso. Viene allo Stadium il 1° marzo, quando non è ancora primavera, anche se  l'inverno non fa più paura. Viene dopo 25 giornate, con una classifica corposa e solida, che non concede alibi e ripensamenti. Viene a Torino, sperando di non dare troppo fastidio, essendo fuori dai giochi o almeno abbastanza lontano da essi. Viene temendo i fischi o sperando in qualche applauso nostalgico. Viene, perché deve tornare, o di riffa o di raffa, come la disputa di tutte le partite.
 
Il 1° marzo, per esigenze televisive, potrebbe diventare il giorno prima. Un sabato sera, ma non come tutti gli altri, perché il 2020 sarà anno bisestile. Quale scherzo del calendario ospitare il fuggiasco la sera del 29 febbraio. Anno bisesto, anno funesto, naturalmente per Antonio Conte, tristo e fuori luogo allenatore di “quelli” che hanno nel cartone la loro intima essenza, quelli che “come noi, mai”.