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Arthur chinato a terra, Morata a testa bassa, De Sciglio affranto, De Ligt che impreca, Rabiot con le mani tra i capelli, Cuadrado con lo sguardo rivolto al cielo, come in preghiera. Una fotografia multipla, quella della Juventus nel momento in cui la palla calciata dal dischetto da Gerard Moreno si insacca dopo essere stata toccata da Szczesny. Inizia in quell'istante il crollo verticale di una squadra che sulle spalle avverte il macigno di un'altra eliminazione incombente e che entra nel panico. 

INSPIEGABILE? - Incapace di reagire, di opporsi all'inevitabile: "perché?", viene da chiedersi. Mancava un quarto d'ora scarso alla fine e un gol avrebbe rimesso tutto in parità: in situazioni più difficili - contro le stesse Lione e Porto - un accenno di reazione c'era anche stato. Ieri invece no. Solo confusione e sensazione tangibile di impotenza. Perché? La prima domanda che sorge spontanea, "inspiegabile", la risposta istintiva. Eppure...

SMARRIMENTO - Eppure, forse, il primo aspetto da osservare non è quello mentale, ma tecnico: più che un crollo è stata una resa, dovuta alla consapevolezza che dopo una partita offensivamente frustrante, con un gol da recuperare sarebbe stato ancora più difficile. L'incapacità di impensierire la linea del Villarreal per tutta la partita (salvo un paio di occasioni isolate), sommata alla doccia fredda del rigore, ha devastato la Juventus, capace fino a quel momento solo di una manovra orizzontale prevedibile, lenta e ripetitiva. La sensazione è che la Juventus sappia percorrere solo una strada: ma non appena le molliche di pane scompaiono dal sentiero e il piano partita cambia (sì, esistono anche gli avversari), l'unica via è quella dello smarrimento. Un paradosso. Ma cosa non lo è, quando c'è di mezzo la Champions?