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Mettere Cristiano Ronaldo in discussione? No, impossibile. Molto semplicemente, per lui parlano i numeri: i 101 gol segnati in 134 partite con la Juventus, molti dei quali decisivi, molti dei quali hanno aiutato la squadra bianconera ad uscire dalla palude. Dalle parole di Chiellini e Bonucci degli ultimi giorni, però, otlre alla gratitudine, emerge una lettura che, a onor di verità, era già stata anticipata quando ancora CR7 frequentava la Continassa: il ruolo accentratore del calciatore portoghese, la sua scarsa propensione al sacrificio in fase difensiva.

COSTO UMANO – In un articolo di questa mattina, Tuttosport sottolinea quello che è stato il “costo umano” dell’esperienza di Cristiano Ronaldo alla Juventus: “E’ importante notare come da parte di entrambi ci sia riconoscenza e rispetto del talento di CR7, ma entrambi sottolineano come Ronaldo catalizzasse il gioco, i passaggi e l’attenzione. E nella Juventus, in quella Juventus costruita sull’umiltà e l’unità del gruppo, questo porta ad alterare gli equilibri. Quelli psicologi e disciplinari prima ancora che quelli tattici. La Juventus aveva avuto grandi attaccanti nel corso dei dieci anni del ciclo ( Tevez , Mandzukic , Higuain ...) e grandi campioni in ogni ruolo ( Pirlo , Pogba , Vidal , Dani Alves , Khedira ), ma tutti si erano adattati alla sacra legge del gruppo. Un gruppo che, per esempio, quando si trattava di difendere si comportava come un branco, tutti per uno e uno per tutti, pronti a scambiarsi ruoli e compiti in nome della vittoria da portare a casa. Nella Juventus, per esempio, non ci si lamentava (platealmetne) per un passaggio fuori misura, ma si incoraggiava chi aveva sbagliato. Insomma, Ronaldo non ha mai fatto parte del branco, neanche come capo. Ronaldo non ha mai partecipato alla fase difensiva. Ora, prescindendo da qualsiasi ragionamento sull’opportunità o meno di coinvolgere CR7 in fase difensiva, l’effetto che ha avuto questa mancata partecipazione è lo sgretolamento della legge delle tre U che aveva cementato la Juventus fin lì: uguaglianza, umiltà e unità. Nel corso dei tre anni, questo effetto ha incrinato la disciplina dello spogliatoio, dove se la legge “non” è uguale per tutti, si aprono delle crepe pericolose (quelle che Allegri nei primi mesi di lavoro ha iniziato a stuccare) e come naturale riflesso sul campo ha fiaccato la compattezza della squadra, dipendente dai suoi, per fortuna tanti, gol, ma anche più fragile e con dei momenti di incomprensibile deconcetrazione.”