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Federico Gatti si è raccontato in una lunga intervista a Sportweek, inserto del sabato de La Gazzetta dello Sport. Ecco la prima parte (QUI LA SECONDA PARTE).

COSA DIREBBE AL GATTI 15ENNE - "Cazzo, nemmeno tu sai dove sei arrivato. Vivevo una vita completamente diversa. Mai mi sarei aspettato di spingermi fin qua. Giocavo in Promozione, in Eccellenza, e se qualcuno mi avesse detto che, tempo cinque anni, sarei sbarcato alla Juve, gli avrei risposto: hai bevuto?".

PER CHI TIFAVA - "Non sono mai stato un tifoso, uno che andava allo stadio. Crescendo, ho parteggiato per la squadra dove giocavo. Quindi, ora la Juve è tutto per me".

COME HA CONQUISTATO I TIFOSI - "Per il mio modo di giocare. In campo do tutto. Sbaglio come tanti, ma è proprio grazie agli errori che si cresce. Ho letto una bellissima frase di Ed Sheeran, il cantante: diceva che al giorno d’oggi ognuno tende a oscurare i propri errori, mettendoli in un angolo per dimenticarli e nella speranza di farli dimenticare agli altri, per porre in luce, al contrario, soltanto le cose positive. Invece è proprio dalle difficoltà che si emerge più forti. Nei momenti bui ci si nasconde, quando bisognerebbe alzare la testa e affrontarli. Viviamo in un mondo dove, appena fai un passo falso, ti mettono alla gogna, soprattutto sui social. Ma così non funziona, non va bene. Chi ti giudica è quasi sempre gente che non ha i requisiti, che ha fatto neanche un decimo di quello che hai fatto tu. Perciò, la chiave di tutto è avere equilibrio, sia quando ti gira bene, sia quando va tutto storto".

EQUILIBRIO - "Stando lontano dal rumore. Sono uno molto riservato. Prendo forza dal lavoro. Lavoro tanto, tantissimo, so cosa e quanto sacrifico per il calcio, quindi nessuno può criticarmi più di quanto faccia già io. Cosa sacrifico? Tutto, ma alla fine niente di veramente importante. La vita di un calciatore è fatta di restrizioni, per me sono invece rinunce banali, secondarie, perché il calcio è la mia vita. Per la gente siamo persone fortunate. Ma la fortuna nessuno te la regala. Te la devi andare a cercare".

SE HA DORMITO DOPO L'AUTOGOL CON IL SASSUOLO? - "Ni. È stato un errore che ha pesato, ma non è che la partita fosse finita… In carriera ho commesso sbagli più gravi che si sono notati meno perché hanno suscitato meno clamore. Certo, ci sono rimasto male, soprattutto per i compagni, perché io tengo troppo ai miei compagni. Una cosa in cui devo migliorare è la reazione dopo una sconfitta. Quando perdo è come se mi cascasse il mondo addosso. Per me non c’è cosa peggiore della sconfitta. La odio proprio. Come sempre, il giorno dopo ho lavorato ancora di più affinché una situazione come quella non si ripetesse".

LAVORARE SULL'ERRORE - "Rivedere la partita. Confrontarmi col mister e coi compagni più esperti, per esempio Danilo, per capire come piazzarmi meglio col corpo in modo da avere una visuale più ampia del campo. Curare insomma ogni dettaglio, più e meglio che in passato".

LA VITA DI PRIMA - "Sono quello di sempre, tanto è vero che percepisco la differenza coi miei compagni. Sono un ragazzo semplice, forse meno “scafato” rispetto ad altri. Ho molto rispetto per i compagni più grandi. È una cosa che oggi si sta perdendo, e invece male non farebbe. Per esempio: se ho prenotato un massaggio e sono già sul lettino, ma vedo arrivare Danilo, gli cedo il posto. Non deve neanche chiedermelo, mi alzo e glielo cedo spontaneamente. I “vecchi” queste cose le apprezzano moltissimo, e per me hanno grande valore, sono fondamentali in uno spogliatoio. Per il resto non mi considero un ingenuo, ma certamente sono una persona di cuore. Ti do tutto, però, se mi manchi di rispetto, con me hai chiuso".