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E alla fine è arrivata la vittoria. Tre punti da prendere e mettere in tasca, ben al sicuro. Preziosi sì, belli no. La Juve vince all'ultimo minuto, grazie a un guizzo di un Ronaldo spento, non solo per questi 90', dopo una faticaccia. Merito del Genoa, combattivo e combattente, tecnico e aggressivo, sia in 11 uomini che in 10. Demerito di una Juve che incapace di trovare le trame giuste, salvo in qualche caso sporadico, soprattutto nel finale. Frutto più di individualità che di un sistema. Il problema? Uno, in particolare. 

Mancava la costruzione, dal basso. Mancava Miralem Pjanic. Un'assenza pesante, forse anche pù di quanto immaginabile, con Bentancur che non ha saputo raccoglierne l'eredità dopo l'infortunio, non trovando spazio per smarcarsi e organizzare una manovra, quella di Sarri, in cui il regista ha un ruolo chiave. Ci ha provato Bonucci, sganciandosi spesso alla ricerca di nuove soluzioni e sventagliando qua e là, senza però quei tempi che hanno fatto di Pjanic il giocatore preziosissimo che è. E senza manovra, davanti resta solo l'altro regista: Dybala, abbandonato al proprio destino di dover creare dal nulla. Sarri ha attribuito le mancanze del suo vice in regia alla pressione del Genoa, che con il suo trequartista ha bloccato la Juve dal basso. Una chiave giusta, ma fin troppo semplice, soprattutto in vista del futuro più prossimo. Se, come sembra, Pjanic dovesse saltare qualche partita ancora, basterà una semplice pressione - pur efficace - a bloccare l'intero sistema? 

Gol, trame, idee e un rendimento altissimo: senza Pjanic - questo Pjanic poi - è dura, durissima, ma non può essere l'unica chiave di un gioco che mira ad essere bellissimo, ma rischia di essere fragile. E di portarsi dietro la Juve.