OLTRE GLI EPISODI - E' chiaro che poi non bastino le frasi fatte e gli ululati alla sfortuna, è chiaro che poi Juve-Atalanta sia stata anche altro, soprattutto altro. A partire dalle smanacciate di Szczesny, probabilmente il migliore, concludendo con la ressa a centrocampo e quella palla persa in uscita da Rabiot, che poi ha viziato il colpo di Freuler. Ecco: se pure andassimo oltre gli episodi, Alvaro e Cristiano non ne uscirebbero comunque eroi positivi. Anzi, i loro tocchi a metà, le incertezze a un palmo dalla porta, sono simbolo di una Juve che fuma e non inforna. Che accende luci ma non abbaglia. Che ci prova e non riesce. Impotenza, sì, e sufficienza: Morata ricorderà a lungo quel tacco a porta vuota, con il fare 'balotelliano' e troppa attenzione a dare colpi proibiti solo perché incassati. Come se il calcio si facesse a distanza di sicurezza e senza tamponi pre gara.
HOMERUN RONALDO - Se per Alvaro è stata una sconfitta nervosa, su Ronaldo vagano incertezze profonde. A partire dalla (non) necessità della giocata, dal completo e giusto affidamento sui mezzi tecnici anche quando la Juve ha bisogno di uscire dalla tempesta, e cioè di creare situazioni facili da intendere pure in debito di lucidità. In quest'aspetto c'è forse l'unica strada di miglioramento di Cristiano, che pure a 35 anni deve imparare a gestire i momenti del gruppo e non solo se stesso. Pirlo ha bisogno della versione beta, alle volte. Che non arrivi a strafare e che poi non si lasci condizionare dagli errori. C'è una vecchia regola del baseball, perfetta metafora del perché Ronaldo sia tutto o niente (per fortuna bianconera, quasi sempre è tutto): il quarto nel line up di battuta, non ha mai intenzione di giocare la palla; lui va solo per le stelle, puntando al fuoricampo e ai punti 'facili'. Il rigore era 'la palla facile', tutto il resto swing and miss. Girata e cilecca. Pesantissima.