Lui che conosce molto bene Miretti e l'ha visto crescere, ha spiegato alcune difficoltà che sta incontrando il classe 2003: "Io credo che ora, contro gente di altissima qualità dove non ha più a proprio vantaggio il delta di carattere fisico, debba imparare a gestire diversamente la partita. In una partita ci sono tante partite e, da intelligente qual è, le deve viverle in maniera differente. Questo però avviene con l’esperienza e lui si sta facendo le ossa direttamente in prima squadra, non ha mai vissuto una stagione in prestito dove magari si avverte meno pressione. Fabio non deve andare a mille o cercare sempre la grande giocata dal primo all’ultimo minuto. Il suo problema è che è troppo generoso e questo lo penalizza alla lunga, facendogli perdere lucidità in zona gol."
COME NEDVED - "Da piccolo lo avevo soprannominato Nedved proprio per il fatto che correva come un matto e dava ogni volta il 110%. Nei tornei all’estero era un trascinatore, oltre che un esempio. Grazie alla famiglia che lo ha educato in maniera impeccabile non gli ho mai visto fare un gesto fuori posto: in campo, nello spogliatoio, sul pullman piuttosto che in mensa".