LE ROTAZIONI - E dunque largo agli esperimenti, con una certezza: il 3-4-1-2, che in fase di non possesso diventa un 4-4-2. La costante è la mediana a due, con cinque interpreti. Rabiot, Arthur, Bentancur, McKennie e Ramsey, che per la verità si è sempre collocato sulla trequarti (dove ha agito anche Kulusevski), con precisi compiti difensivi. Non ha mai utilizzato i medesimi tre per più di due partite, forse perché ritiene queste cinque pedine interscambiabili tra di loro, forse perché preferisce diversi assetti anche in base all’avversario di giornata. Di sicuro, la resa è diversa per ogni giocatore. Arthur garantisce più geometrie pur non essendo un regista puro, un Pirlo per così dire. Rabiot ha in dote corsa, sostanza e progressione, McKennie e Bentancur dinamicità per aggredire la palla, Ramsey cuce la manovra muovendosi tra le linee (va ricordato che nelle ultime partite, Pirlo ha testato l’americano anche come incursore/trequartista, con ottimi risultati dal punto di vista dell’equilibrio). Tante caratteristiche che assieme possono soddisfare i dogmi di Pirlo, ma l’impressione è che nel prossimo futuro dovrà essere stabilita una gerarchia. Come succede in ogni grande squadra
IL PARADOSSO - In questo ampio giro di rotazioni, La Gazzetta dello Sport sottolinea l’esistenza di un paradosso. Il più utilizzato è Rabiot, 9 presenze di cui 7 da titolare. Suona strano per un giocatore che l’anno scorso rappresentava un equivoco tattico, e che quest’anno cresce di partita in partita, come dimostrano gli elogi piovuti dal ritiro della Nazionale francese. Ed è il suo l’unico gol che porta in dote la mediana bianconera. Troppo poco, Pirlo ne è consapevole e ha già evidenziato la necessità di cercare più spesso la via del gol.