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Gigi Buffon parla in diretta su Instagram con Jack Sintini e Randstad: "Sto benone, ho fato un piccolo riposino, sono un po' ingolfato con la loquacità ma ho preso un bel caffé".

QUANDO HAI CAPITO CHE GIOCARE A CALCIO SAREBBE STATA LA PASSIONE DELLA VITA - "E' stata una scelta naturale dettata dall'istinto e dall'interesse da ciò che smuoveva dentro di me il calcio. Inevitabilemente anche per aggregazione con gli altri ed entrare in sintonia con gli altri bimbi, giocare a calcio e l'unione che dava questa palla era qualcosa di incredibile".

PROFESSIONE - "Ho vissuto varie tappe della mia carriera che mi hanno fatto stare dentro questo mondo. Inizialmente cosa ti smuove è la passione, l'adrenalina, l'obiettivo di chiudere un cassetto dicendo 'ce l'ho fatta'. Anche a livello esistenziale dà forza e appagamento. Quando sono diventato un numero 1 questa passione è mutata in lavoro e obbligo verso me stesso e gli altri di non sfigurare e rimanere sempre il numero 1 o comunque a livello top. Quindi la parte ludica e divertente per 15-20 anni l'ho messa da parte. Negli ultimi 2-3 anni ho ritrovato piacere di allenarmi, migliorarmi ancora, giocare. E' un po' come fare pace con la mia passione, il mio mondo e tutto ciò che mi aveva avvicinato al mondo del calcio. E' un po' come se da vecchio sportivamente parlando stessi rivivendo le emozioni che avevo da giovane, questo è anche il segreto per cui vado avanti. Continuo a giocare perché mi sento bene e sono compeitivo e poi perché posso ancora migliorare. Se uno ha ancora margini ha sempre dentro quel fuoco che ti fa dire non mi sento ancora appagato".

SCONFITTE - "Negli ultimi 12-13 anni di carriera ho pensato tanto alle sconfitte e goduto poco delle vittorie. Quando hai una certa abitudine a vincere, vincere ti sembra la normalità. E' un pensiero malsano anche se continuare a vincere non è normale. Quando entri in quell'ottica, le vittorie hanno poco sapore e cosa ti rimane è la frustrazione delle sconfitte, col quale devo far pace altrimenti rischio di non smettere più".

RISORSA - "La mia risorsa principale è quella percentuale di follia che penso contraddistingua tutti gli uomini e me in particolare. Quando le cose vanno male non ho paura di osare. Mi dò degli out-out molto forti e sono esigente con me stesso ma non ho paura di questa sfida estrema. Spesso e volentieri valo alla ricerca di ciò perché sento che è la cosa che mi fa rendere al meglio. L'errore di campo? E' qualcosa che mi disturba più ora che non quando ero ragazzo. E' un discorso di coscienza e consapevolezza. Accresciuta, mi auguro. Sono passati 25 anni da quando ero ragazzo. Mi disturba perché quando commetto un errore sono lì che non sono condizionato ma sono così autocritico che sembro quasi l'alunno che non accetta di prendere 29 invece di 30 all'esame e quindi mi girano le palle perché non posso prendere 30. Devo analizzare questo e analizzarlo perché sbagliare è umano è quando sei nella sfida ogni tanto ci sta".

AUTOCRITICO - "Quando sei autocritico, sul 70% dei gol penso 'Avrei potuto fare di più. Da un certo punto di vista ti toglie perché ti fa scemare quell'entusiasmo ma dall'altra parte non sei mai appagato".

COSA AVREBBE FATTO SE NON CALCIATORE - "Chi sarei? Penso la medesima persona. Devo dire che ho avuto l'intuito ed una certa educazione per rispettare il mondo che mi ha fatto diventare chi sono ma senza stravolgere la mia indole e il mio carattere. Caratterialmente sarei stato lo stesso, forse una parte più guascona e folle sarebbe rimasta di più. Penso che avrei seguito l'esempio dei genitori che hanno fatto atletica, l'Isef e sono diventati prof di educazione fisica, sempre in relazione allo sport".

COME SI AIUTANO I GIOVANI - "Innanzi tutto penso che per aiutare i giovani, soprattutto chi fa una scelta come me. Essendo un giocatore esperto per non dire vecchio, decido di restare in uno spogliatoio in cui hanno anche 20 anni meno di me. Non puoi aspettarti che loro facciano un passo verso di te, se non quello dovuto per quello che sei. Ma non è quella la chiave. Devi trovarla per trovare empatia e dialogo con loro. A volte penso che mi comporti come un quindicenne, ventenne e questi mi guardano sbigottiti ma credo sia il modo migliore per instaurare un rapporto e un dialogo con loro che possa essere efficace. Gli fai vedere quello che sei: un uomo adulto a cui piace comunque divertirsi e scherzare ma l'esempio lo dai con il lavoro sul campo. Poi ci sono situazioni comportamentali in cui acquisti il vero rispetto che ti danno quando cì'è qualcosa che non va e tu alzi il ditino e dici: 'No questa cosa non si fa così'. Far sentire che si è sintonizzati sulla stessa lunghezza d'onda ma poi qualsiasi cosa vai a dire gli stimola la riflessione".

FORMAZIONE - "Il cervello si può allenare sicuramente, come si deve soprattutto alla mia età continuare ad allenare il fisico in maniera continua. Performo al meglio quando sono attivato con la testa. Quando ho le emozioni giuste, quando ho anche paura, so che performerò alla grande. Mi capitava a 20.30, 30 e se continuerò mi capiterà anche a 60. Se ho le energie mentali giuste il fisico lavora di conseguenza. Alla mia età non è giusto stressare il fisico, alla mia età mi alleno ogni giorno e mi serve a dare continuità. Pensavo che il lockdown mi spaccasse le ossa in due invece dopo una settimana ero già pronto a risposte importanti. Lì ho capito quanto incide la testa, per me incide tantissimo".

CALCIATORE - "Cosa ci vuole? Devi partire da delle basi, da determinate doti che madre natura ti deve dare, deve essere generosa. Non può bastare quello senno il mondo sarebbe pieno di sportivi di livello di ogni disciplina. Credo che voler migliorare sé stessi, non mettersi limiti. Non è un discorso presuntuoso. Io ho quasi 43 anni e sogno, capisco che è l'unico modo per evadere e farmi sentire leggero come anima e testa. Il sogno è la cosa più importante, devi sapere che per arrivare la nessuno ti regala niente. Quindi devi iniziare un percorso di lavoro per migliorare i propri limiti. Bisogna tenere i piedi per terra ed essere autocritici. Se uno cerca sempre l'alibi, le colpe degli altri, è il modo migliore per affondare. Da quando sono capitano ho sempre cercato di mettere un occhio sui miei compagni, stimolare loro e farsi voler bene che non vuol dire per forza leccare...vuol dire essere trasparente con tutti, anche autorevole e poi tu vedi...io l'ho visto su di me: i compagni nel momento di difficoltà vengono ad aiutarti col cuore. Questo lo senti, in uno sport di squadra ci sarà sempre un momento in cui hai bisogno degli altri e se non ti comporti in modo costruttivo col gruppo difficilmente verranno a darti una mano".

COME TI VEDI DA GRANDE - "Non ci ho pensato, ho veramente il focus su quello che sto facendo e non potrebbe essere altrimenti, se iniziassi a regalare energie ad altre cose farei fatica e non voglio permettermi di non rimanere concentrato su cosa sto facendo. Credo che quando smetterò un anno sabbatico me lo prenderò ma sarà un anno di formazione nel quale mi dedicherò a me stesso, vorrei chiudere certi cassetti, finire e fare quell'anno di quinta che mio padre e mia madre mi stanno rompendo le scatole per finirlo giustamente. Da genitore devo dare l'esempio, vorrei imparare molto bene l'inglese, che ho dimenticato col francese e poi tante piccole cose di formazione che secondo me una persona come me ha bisogno. Le cose che mi fanno stare bene sono tre: un bel rapporto con i miei cari, moglie e figli. Due: fare bene il mio lavoro, sono felice quando paro e prendo 0 gol. Terzo: sono felice, ho come una reazione di rinascita quando imparo qualcosa. Come se annaffiassi una piantina che vedi crescere. Questo mi fa star bene, alla fine bisogna star bene senza far del male agli altri".
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

@jacksintini in diretta con il grandissimo @gianluigibuffon formidabile portiere di @juventus

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