Ecco, il tema sembra essersi riproposto poche ore fa nel match contro l'Empoli, seppur con un taglio leggermente diverso e con la notevole differenza che da quel 15 dicembre i bianconeri hanno quantomeno ritrovato la versione migliore di Dusan Vlahovic, di nuovo decisivo e capace di far dimenticare il "corto muso" allegriano, almeno fino a ieri sera. Fuor di metafora, la questione è semplice. Il vento a favore è cessato tanto per la follia di Arek Milik, che dall'alto della sua esperienza avrebbe potuto fare qualsiasi cosa tranne che quell'intervento ingenuo, quanto per la scelta di Massimiliano Allegri di mandarlo in campo dal primo minuto al posto di un Kenan Yildiz in stato di grazia.
In sostanza il tecnico livornese ha finito per mettere a repentaglio quel (sempre fragile) equilibrio che aveva aiutato la Juve a spiccare il volo, anche sulle ali dell'entusiasmo, perché era evidente quanto il turco fosse importante per le dinamiche della squadra e per lo stesso Vlahovic, soprattutto in assenza di Federico Chiesa. Tardivo anche il suo ingresso in campo, a un quarto d'ora dal fischio finale e una vita dopo l'espulsione di Milik. L'atterraggio della Juve, quindi, è stato brusco. Ma c'è ancora tempo per un nuovo decollo.