Ma quello di ieri sera non era il solito Max, pronto a scherzare e a commentare gli episodi anche con una certa (apparente) leggerezza. L'amarezza era palpabile, ed è emersa in tutta la sua forza nella chiosa finale. Non del tutto nuova, nei contenuti, ma comunque densa di malinconia: "Alla fine ci sarà da fare un plauso ai ragazzi. Sento tanto parlare, ma la gente non sa niente: è una situazione surreale e i miei sono stati meravigliosi. Se sono stanco? Ma no, sono sereno. Ho una squadra importante, questa annata ci farà crescere per il futuro e l'anno prossimo saremo lì a combattere per il campionato".
"Surreale": Allegri ha scelto questo termine per descrivere i mesi appena vissuti dalla Juve, penalizzata con la decurtazione di 15 punti in classifica - con tutte le conseguenze del caso sul morale dei giocatori, specie dei più giovani - che poi si è vista restituire nei giorni scorsi, dolceamara ricompensa dopo una fase di stagione in cui, di punto in bianco, l'obiettivo era passato dall'essere lo scudetto (o quantomeno un piazzamento per la Champions League) alla salvezza, niente di più e niente di meno, come una neo-promossa qualsiasi.
A Max - giustamente criticato per il non-gioco della Juve, per le difficoltà palesate da una squadra che ancora, a fine aprile, non ha trovato una sua chiara identità, con giocatori come Dusan Vlahovic diventati l'ombra di quelli che erano - almeno un merito bisogna riconoscerlo: quello di aver saputo tenere la barca a galla nella burrasca, di accompagnarla nel porto più vicino possibile, limitando i danni, difendendo a spada tratta il suo "equipaggio" e indicandogli la rotta più sicura. Magari non bella, certamente non panoramica, ma sicura sì. Questo non significa che Allegri sia il timoniere giusto da cui ripartire. Ma un "grazie", forse, lo merita anche lui.