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Stavolta non ci si può neanche mascherare dietro un buon inizio. Stavolta non si può raccontare nient'altro che la verità, cruda e pura, che fa male e non risana neanche un po' le (già numerose) ferite di stagione. E' questa: il Milan è avanti luce alla Juventus. Lo è per ambiente, lo è per tasso tecnico, lo è per gioco e per idee. Il Milan è avanti luce e la Juve non ce l'ha più, la stessa luce d'un tempo. Anzi: si spegne ancora una volta nelle difficoltà che si sommano, nella gestione malsana dell'imprevisto. Che a San Siro pesa il doppio, e che la squadra di Allegri non aveva imparato a tenere a bada neanche contro la Sampdoria, figuriamoci con 60mila anime a cantare. C'è però dell'altro, c'è di più, pure per una storia con la piacevole condanna del risultato. Pure per una manovra che aveva sì dato segnali di qualità, ma si è fermata nuovamente sul più bello, a un passo dalla rete probabilmente in grado di cambiare tutto. O forse no. Ecco: probabilmente proprio no. 

ATTEGGIAMENTI - Le difficoltà in trasferta non sono mai un caso. E per misurare quelle di stasera della Juve vanno evidenziati intanto i punti di forza del Milan. Sembra un paradosso, invece è un evidenziatore fatto e finito. L'idea alla base include Leao e racchiude tutto il gioco nei tanti guizzi e nella velocità a campo aperto. Allegri, invece, nel pratico cos'ha? Un centrocampo frammentato, Milik a ripulire palloni per Vlahovic e gli esterni a dare forza, a creare occasioni. Cuadrado ne aveva lucidate un paio, Kostic è arrivato due volte a tu per tu con la chance di riaprirla. E' finito tutto dopo venti minuti, gli altri settanta in balia di avversari pericolosi. E non per questioni di benzina, semmai di tenuta mentale. Ed era già successo ed è altamente probabile che accada ancora. Non perché Allegri non sia un martello, ma perché a furia di tentare di aprire la stessa porta con lo stesso metodo, persino le statistiche non sono più dalla tua parte. Allora il problema in casa Juve si basa innanzitutto sull'atteggiamento. E poi si sposta sul dinamismo, infine - e soltanto infine - su un'idea di gioco strutturata e in qualche modo da riorganizzare. Squadra camaleontica nei moduli (che contano zero), ma non sa più cambiare forma nel corso di una gara. Ed era questa, una delle più grandi doti del primo Allegri. 

FUORI DALLA LOTTA SCUDETTO? - Intanto, tocca fare i conti anche con i numeri, in particolare con quelli della classifica. La Juve può finire a dieci punti dal primo posto e vede allontanarsi ancora i rossoneri (ora a più 7) e persino l'Inter, con cui condivideva lo status di big mal ridotta. Si può dire, e forse si deve, anche per evitare un'illusione collettiva, generata da due vittorie che non avevano eventuali scusanti oppure oneste alternative: oggi, guardando i fatti e cioè il campo, la Juventus si ritrova di nuovo a guardare la lotta per il primato. E' accaduto nuovamente a ottobre e nuovamente sotto la guida di Massimiliano Allegri. Che non può aggrapparsi neanche alla Champions, per come sta scivolando via. Un bel paradosso, per chi è abituato a pensare da marzo in poi. Pardon: è un bel contrappasso. Considerando anche l'errore di Orsato.