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Numeri alla mano, questa è la Juventus più camaleontica di sempre. Dal punto di vista tattico, i campioni d’Italia hanno cambiato almeno quattro moduli nel corso di questa stagione, arrivando da protagonisti a giocarsi tutte e tre le competizioni. Comandata da un tecnico diventato sempre meno gestore e più illusionista, questa squadra è adesso in grado di cambiare pelle a piacimento, senza perdere per questo il proprio dominio dei match.

DAL 3-5-2 ALLA SVOLTA - 20 agosto, Juve-Fiorentina dà il via alla Serie A 2016-17: Allegri spiazza tutti lasciando Higuain, l’acquisto più importante del mercato estivo, in panchina. Contro i viola è schierato un classico 3-5-2, con la BBC in difesa e il tandem Mandzukic-Dybala davanti. E’ questo un modulo utilizzato, salvo rare deviazioni sul tema (si veda il 4-3-3 del Bentegodi contro il Chievo) fino a novembre. La batosta di Genova, seguita ai brutti passi falsi di San Siro, spinge l’allenatore bianconero alla prima vera svolta tattica: contro l’Atalanta allo Stadium, Pjanic si alza nel ruolo di trequartista, con una difesa a quattro composta da Lichtsteiner-Rugani-Chiellini-Alex Sandro. Il bosniaco sopperisce all’assenza di Dybala (infortunatosi il 22 ottobre nella sfida al Milan) avvicinandosi alla porta, con Higuain e Mandzukic coppia d’attacco. Il medesimo schieramento sarà adottato nel match vinto contro la Roma prima di Natale. Il ritorno della Joya conduce ad un mini-ciclo del 4-3-2-1 con il doppio trequartista, fino al definitivo crollo dello stadio Franchi: nella partita di ritorno con la Fiorentina, Allegri sceglie un incomprensibile 3-5-1-1 che disputa la peggiore prestazione stagionale. Il resto è storia: nasce il 4-2-3-1, la Juve “a cinque stelle” che darà l’assalto al campionato, alla Coppa Italia e alla Champions.

VERSO CARDIFF - A ben vedere, però, potremmo citare addirittura una quinta svolta tattica, coincisa con la trasferta di Champions League contro il Monaco. Nella prima partita delle semifinali, Allegri adotta in apparenza un inedito 3-4-2-1, rispolverando la BBC e alzando gli esterni sulla linea di centrocampo. Servono pochi minuti per capire come la chiave risieda in realtà nel “vecchio” caro 4-4-2, che in fase di non possesso palla anestetizza i ragazzini terribili di Jardim. Barzagli si adatta nel ruolo di terzino destro, mentre Dani Alves è una vera e propria ala (decisivo in entrambe le sfide ai monegaschi, con un gol e due assist). A dieci giorni dalla finale di Cardiff, potrebbe essere proprio questa la versione definitiva della Juventus 2017. Una squadra in grado di trasformarsi come i nemici nei manga giapponesi, riuscendo a creare “in casa” i rimedi contro i suoi stessi difetti: non è un caso se le mutazioni sono arrivate quasi tutte dopo una batosta. Peraltro, c’è un interessante dato storico che potrebbe stuzzicare la mente di Allegri: nel 1998 la Juve di Lippi affrontò il Real proprio con un 3-4-2-1, con Torricelli-Iuliano-Montero in difesa e Zidane-Del Piero a supporto di Inzaghi in attacco. Come andò allora ce lo ricordiamo tutti: e se la vendetta cominciasse con un déjà vu?


@mcarapex