ANDARE VIA - "Me ne sono andato a 16 anni, introdotto in un nuovo mondo. Ero diventato indipendente, non è stato facile. E' andata bene, sono diventato appunto indipendente. Ho capito come cucinare, ho capito come organizzare le bollette, le finanze. Ha aiutato. I miei genitori mi hanno aiutato, andavano avanti e indietro per aiutarmi. Erano a due ore di distanza. Certo che ero spaventato, poi ho capito: va bene, tutto ok".
FAMIGLIA - "Ogni weekend. Venivano il venerdì, stavo con loro il weekend e rientravano il lunedì. Il ciclo era quello, per anni. Ora è un po' diverso, ora è ogni tanto, solo se c'è una partita importante in casa o trasferta. L'hanno fatto per i primi due anni, ogni weekend qui. Volevano sapere come andasse, se ero in pari con i programmi. Ho due sorelle. Una di loro ha 7 anni, è la mia migliore amica. Anche quella che ne ha 21. Sono rapporti diversi, ma funzionano bene. No, non giocano a calcio. La mia sorella maggiore l'ha fatto per un po', poi però ha mollato".
LA SQUADRA - "Quando sono arrivato la prima volta a Torino ero al convitto, ero con tutti i compagni, tre mesi con loro. Mi ha aiutato: eravamo sempre insieme, la stessa routine, parli e hai questo ciclo continuo, come un camp che non finisce mai. Per tutta la stagione eccetto l'estate. Lo fai per due anni e crei legami per la vita. Non è stato complicato arrivare in prima squadra, siamo sempre da una parte e dall'altra. Avevo già fatto allenamenti con la prima squadra, c'erano giocatori che parlavano in inglese, conosco un po' di italiano, parlo pure francese. Che aiuta".
SCEGLIERE LA JUVE - "E' stata una non-decisione. La Juve ha una mentalità vincente, vincere è tutto. Se non è vincere, non si parla d'altro. Nella tua carriera vuoi vincere e arrivare qui ti permette di farlo. Sono inglese ma il mio lavoro è a Torino".
COMPONENTE MENTALE - "Sono stato costruito 'tosto'. Non ho mai dovuto provare quanto valessi, testa bassa e lavoro. E' stata la lezione di mio padre. E' dura abbattermi. Avere una squadra così certamente mi aiuta. Momenti duri? Ci sono sempre alti e bassi, non puoi prevederli, puoi solo affrontarli. Devi restare forte e credere di poterne uscire. Sono sempre stato così. Pensare positivo e non abbatterti mai".
TERAPIA - "Ho sempre avuto il supporto dal club e dalla mia famiglia. Abbiamo un terapeuta di squadra che ci aiuta. Con la mia famiglia ho conversazioni regolari, per sapere come sto e per assicurarsi che tutto vada bene. Lo psicologo aiuta. Magari non ti parla ma guarda come ti muovi. Capisci le tue abitudini".
CONSIGLIO AI RAGAZZI - "Direi: continuate a crederci. Usate tutto ciò che vi motiva. Divertitevi, soprattutto. Se non vi divertite è difficile giocare al meglio. Per me è questo: divertirsi, dribblare, skillare".
MESSAGGI - "A volte basta sì, davvero un messaggio. Dalla mia famiglia è sempre: come stai? A volte: davvero, come stai? Qualcuno chiama, qualcuno messaggia".