Il portiere della Juventus è uno tra i pochissimi calciatori al mondo che abbia avuto il privilegio di compiere un viaggio la cui mappa gli ha consentito di superare le Colonne d’Ercole e quindi, come immaginavano gli antichi, di poter entrare nello speciale gruppo del “miti viventi” e anche in attività. Rientrare da quella zona posizionata oltre la fine del mondo non è certo semplice e un torpedone non può bastare.
Buffon però non poteva esimersi dal farlo. Parma, per lui, non è una città come tutte le altre. E’ un suo nido dal quale, ancora mezzo implume, aveva spiccato il volo verso mondi e situazioni che forse neppure lui con tutto il suo grande ottimismo aveva osato ricucire nella fantasia di ragazzo. Sicché è bello poter immaginare che ieri sera tra i pochissimi invitati speciali al Tardini ci fossero, in presenza esoterica, Ermes Fulgoni e Villiam Vecchi i suoi due preparatori atletici i quali provvidero a trasformare quel tredicenne acquistato da Tanzi per 15 milioni di lire come centrocampista in un portiere.
Il Numero Uno che Nevio Scala fece esordire, due anni dopo, contro il Milan. Parò tutto quel giorno il minorenne di Carrara figlio di atleti olimpionici e si garantì immediatamente la conferma. Il primo gol lo subì, guarda un po’, proprio da Ciro Ferrara che giocava nella Juve. Il destino, evidentemente, aveva già distribuito le carte e stabilito come sarebbe andato il gioco. La squadra bianconera è ormai scolpita dentro l’anima di Buffon. Ma sulla sua pelle resiste indelebile anche l’immagine di quella che fu la sua origine.
Un appuntamento, seppure senza il conforto del pubblico, che Gigi Buffon mai e poi mai avrebbe potuto mancare e che Andrea Pirlo, con estrema saggezza, ha pensato bene di garantirgli. Per arrivare il mito è partito da molto lontano, là dove vivono le leggende. Ma la fatica per il lungo viaggio non è un elemento che poteva turbare il campione il quale ha saputo cancellare, come per magia, lo spazio temporale e ridare spettacolo in quel teatro che lo vide ragazzino. L’ennesimo prodigio di un uomo che non è mai stato un semplice calciatore.