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Sta facendo ancora discutere la puntata di Report andata in onda lunedì sera, che ha riacceso i riflettori sui fatti relativi al processo di Calciopoli del 2006 e sul presunto coinvolgimento di altri club di Serie A oltre alla Juventus. Ora Pino Narducci - il pubblico ministero della Procura di Napoli che rappresentò l'accusa nel 2006 insieme all'omonimo collega Filippo - ha inviato una lettera alla redazione del programma televisivo di Rai 3 per fornire la sua versione dei fatti, di tenore decisamente opposto.

ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE - "Il servizio “C’era una volta Calciopoli”, andato in onda lunedì 17 aprile nella trasmissione “Report”, evoca alcune vicende già trattate nel corso dei processi al termine dei quali – ma il servizio dimentica di dirlo – le sentenze irrevocabili hanno sancito che, nel calcio professionistico italiano, operava una associazione per delinquere (le tracce di questa attività risalgono al periodo 1999/2000) che aveva condizionato il campionato di serie A 2004/05 e che, contrariamente a quanto affermato testualmente dal conduttore della trasmissione ("…tuttavia, 17 anni dopo, è emerso che nessuna partita era stata condizionata") durante quella stagione vennero alterati i risultati di alcuni incontri, cioè vennero commessi i reati di frode sportiva. Insomma, un esito giudiziario concreto e molto significativo, ben diverso da quello delineato dal conduttore secondo il quale, alla fine, l’indagine avrebbe prodotto un evanescente risultato poiché la posizione dei singoli si sarebbe risolta con "assoluzioni, prescrizioni e sospensioni di condanna". Eppure, a me risulta che la prescrizione si dichiara solo dopo che il giudice ha accertato che qualcuno ha sicuramente commesso un reato e che la sospensione di condanna, noi tecnici la chiamiamo sospensione della pena, è un beneficio che si concede, ovviamente, non all’innocente, ma alla persona che è stata condannata! Sarebbe stata sufficiente una lettura, anche superficiale, dei provvedimenti giudiziari per fornire una informazione corretta ed esaustiva su questo come su altri aspetti".

PATTO DEL NORD - Narducci torna poi anche sull'ipotesi riferita dall'ex designatore degli arbitri Bergamo - che a sua volta aveva ricevuto la confidenza dall'onorevole Latorre - sull'esistenza di un grande patto imprenditoriale che vedeva coinvolti anche Luca Cordero di Montezemolo e l'ex vice presidente dell'Inter Marco Tronchetti Provera per estromettere dai giochi Luciano Moggi e l'ex ad della Juve Antonio Giraudo: "Per quanto riguarda la genesi della indagine, Calciopoli è sorta nelle stanze della Procura nel Centro Direzionale di Napoli, come naturale prosecuzione di quella sulle scommesse illecite in serie A e B nel 2003/04 e su alcuni arbitri della sezione romana. Quindi, certamente non nei lussuosi uffici di amministratori delegati di grandi imprese del Nord". E poi un accenno alle SIM svizzere consegnate da Moggi ad alcuni degli imputati: "Se si leggono le carte processuali si scopre che non è mai avvenuto alcun sequestro illegittimo di schede all’estero perché senza rogatoria. I giudici, proprio rispondendo alle obiezioni dei difensori degli imputati, hanno scritto chiaramente che non c’è stata alcuna violazione delle regole sulla rogatoria internazionale e del trattato di assistenza italo-svizzero". 

MAGISTRATI TIFOSI? - Narducci smonta pezzo per pezzo molte delle tesi riferite da Report, anche quella relativa alla fede calcistica di molte delle persone chiamate ad indagare sui comportamenti messi in atto dai dirigenti della Juventus: "Quanto a me, sarebbe emerso quello che tutto il mondo conosce da sempre, cioè che sono un tifoso del Bologna e che lo stadio dove qualcuno può incontrarmi è, semmai, quello intitolato a Renato Dall’Ara. Addirittura, quando Filippo Beatrice lasciò l’ufficio della Procura di Napoli, il suo posto nel dibattimento Calciopoli, tra le fitte schiere di magistrati super tifosi partenopei ansiosi di rimpiazzarlo, venne preso dal collega Stefano Capuano, noto sostenitore della Sampdoria. In definitiva, i fatti posseggono una straordinaria attitudine: non si prestano ad essere alterati con facilità. Anche quelli che riguardano la storia, limpida, della indagine sul calcio della Procura di Napoli".