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Per qualcuno è stato un atto d'orgoglio. Per altri è stato l'ultimo guanto di sfida. Per Dybala forse è stato solo uno sfogo - un grande sfogo -, perché sentirsi costantemente messo in discussione non fa parte del gioco del calcio ma di un gioco al massacro. L'argentino ha aperto e chiuso a chiave la sfida con l'Udinese: è stato il faro della Juve con lucida costanza, abbassandosi e trascinando, anche a fatica, l'ennesima versione incolore di un gruppo molle, sulle gambe per le tante partite, appannato dagli spazi chiusi dell'Udinese. Quando il primo errore (più il primo rimpallo a favore) gli hanno spalancato la porta di Padelli, l'ha appoggiata già consapevole di come avrebbe voluto scrollarsi di dosso tutte le parole della settimana: con uno sguardo fulmineo alla tribuna. Lui sostiene per un amico, addizioni giornalistiche suggeriscono la dirigenza. 

L'ULTIMO PAULO - L'ultimo Paulo è una versione matura, ancora poco atletica ma presente, pochi guizzi eppure luce e sostanza. Ha fatto il quarto gol nelle ultime sei partite disputate, ha raccolto oggettivamente il testimone di leader emotivo e tecnico del gruppo, fa da raccordo tra reparti e ogni pallone passa sempre dal suo mancino. Come lo chiamereste, uno con quest'atteggiamento? Leader? A prescindere dalle etichette, se lo si chiede ad Allegri, tutta la Juve è sulle spalle di Dybala: in certe sere il peso tende oggettivamente a schiacciarlo, in altre - come questa, quando la motivazione è feroce - è in grado di creare mille rimpianti e già per il futuro se la situazione non dovesse sbloccarsi. "Io non ho nulla da dimostrare", sogghigna in una serata comunque positiva. La sensazione è che dopo 7 anni forse non ci sia davvero altro da far vedere, semmai da decidere: la Juve è con lui o senza di lui. 

STRAPPO VERO - A giudicare dalle parole, dagli sguardi, dal rumore di quella non esultanza, per la prima volta si avverte uno strappo vero tra la Juventus e Paulo Dybala. A ogni colpo inferto da Arrivabene, l'argentino si è sentito decentrato dal progetto in cui doveva essere il simbolo. Pardon: in cui aveva pattuito di essere il simbolo, che una stretta di mano è una roba diversa da una promessa. Aveva strappato un accordo già lontano dalle sue richieste, aveva deciso di rimanere e di darsi i gradi di capitano, aveva fermato ogni altro tipo di narrazione attorno a lui per professarsi juventino vero. Qual è stato l'elemento che ha fatto saltare il banco? Un infortunio di troppo? Ogni luce era pronta a riflettere il suo talento, compresa quella di Allegri. Poi la Juve ha trattato il suo primo giocatore come l'ultimo arrivato. Tutto il resto è giustamente la rabbia di Paulo.