E la Juve? La Juve va a singhiozzo: bene, benino, male. Però, nei suoi confronti, c'è un'attenzione speciale dovuta al fattore Allegri. Se gioca bene ma non vince (vedi con la Roma) è criticata; se gioca male, ma prende i tre punti pure. La stessa cosa non succede con Sarri, Inzaghi, Pioli, Spalletti. Per non parlare di Mourinho. Il fattore Allegri condiziona pesantemente giudizi, osservazioni di tifosi e opinione pubblica. Fra gli allenatori delle squadre di punta l'allenatore labronico è il meno amato. Inutile ricordare i fasti passati: gli si rimprovera, con una certa ragione, di non dare un gioco alla squadra, di non avere uno straccio di schema e, in sostanza, di praticare un cinismo spuntato perché non porta grandi risultati.
Dopo l'ennesima partita grigia con uno Spezia, che ha corso in lungo e in largo (pochi pericoli per la porta bianconera, però) ci si chiede non solo cosa possa accadere a Firenze, ma soprattutto a Parigi. Ripetuto che nessuna delle prime sembra in condizione ottimale, è l'idea che l'allenatore juventino abbia, appunto, poche idee a far pendere la bilancia verso il pessimismo. Soprattutto perché la Juventus sembra ripetere, sul piano del gioco, il campionato passato giocato all'insegna d'una parola: la lentezza. Un buon tempo contro la Roma, con smarcamenti a centrocampo e verticalizzazioni, ha lasciato spazio al solito spaesamento in fase di costruzione: a chi passare la palla? Per un Miretti bravo e coraggioso, si contano Locatelli confusi, Cuadrado pasticcioni, Rabiot (non fra i peggiori) a corsa libera, Alex Sandro prevedibili e attaccanti isolati. Insomma è sempre il solito copione, per la verità visto spesso con la famosa "costruzione dal basso" di Pirlo che si fermava poco dopo l'area di rigore. Basterà Paredes a risolvere questa specie d'incantesimo negativo che ormai attanaglia la squadra da parecchio tempo?