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A tutto Zlatan Ibrahimovic. Lo svedese è da sempre un fenomeno mondiale tra campo, schermi, interviste e tanto altro ancora. E anche oggi, ai microfoni della BBC, non si è risparmiato. Ecco le sue parole: "Svolta definitiva? All’inizio della carriera non era così importante fare gol, ma avere le migliori qualità, la miglior tecnica e portare queste cose dovunque andassi. Mi dicevano che dovevo migliorare perché facevo l'attaccante, quindi dovevo fare più gol. In tal senso fu decisiva la parentesi alla Juventus con Fabio Capello. Prendeva i ragazzi delle giovanili e li faceva allenare con me: loro crossavano, io dovevo fare gol. Ogni giorno faceva così. Alla fine sono diventato una macchina, davanti alla porta segnavo spesso. Tra l'altro l'ho fatto in Italia, dove è sempre molto difficile per un attaccante. All'epoca c'erano difensori come Nesta e Maldini. Per fortuna avevo la possibilità di allenarmi e crescere con fuoriclasse come Thuram e Cannavaro. Più Buffon”.

PREMIER LEAGUE - “Tutti mi dicevano di non andare, che non sarebbe stato un bene per la mia carriera perché in Inghilterra si viene giudicati dopo appena una stagione. Se non fai bene la prima stagione, loro diranno che non servi a nulla, perché non ce l’hai fatta in Inghilterra. Queste parole hanno innescato in me la sfida: era quello che volevo sentirmi dire. Pensavano fossi vecchio, ma a 35 anni ho fatto sembrare io la Premier League vecchia: mi sono dato tre mesi per dimostrare a tutti chi fossi. Quella era la sfida e io non ho mai rifiutato una sfida. Al Manchester mi sono sentito come Benjamin Button, stavo diventando più giovane. Poi purtroppo mi sono infortunato”.

L'INFORTUNIO - “Quando è successo non ho capito a cosa sarei andato incontro, perché non avevo mai avuto un infortunio serio. Ero come Superman, indistruttibile. Nessuno poteva ‘rompermi’, solo Zlatan poteva infortunare Zlatan”.

CURIOSITA' - “Mia moglie non mi permette di avere foto di me appese per casa. Dice che si parla già troppo di me e non vuole vedermi sui muri, le basta vedermi nella vita reale. In casa abbiamo una foto dei miei piedi: è un promemoria per la mia famiglia, non per me, ricorda quello che abbiamo: sono loro che hanno creato tutto questo, tutto quello che c’è intorno a me: quei due piedi. Certo, sono brutti esteticamente, ma chi se ne importa”.