INSULTI - "Siamo ancora qui a odiare. Significa che il senso di quella notte non l’abbiamo capito ancora molto bene. Negli stadi e sui social ci sono ancora troppa rivalità e astio. Il tifo è quasi tutto contro e sempre meno a favore della propria squadra. Sono logiche perverse e malate. Bisogna ripassare la lezione dell’Heysel. Sono felice che si ricordino le vittime di Bruxelles ad ogni partita della Juventus, meno entusiasta dell’idea che lo si faccia gridando “odio Liverpool”. Perché l’odio è proprio quello che dobbiamo sconfiggere per evitare altri Heysel. I tifosi avversari non capiscono, anche loro probabilmente non sanno di quello che parlano o cantano. Ci sono anche tre interisti fra le 39 vittime. Persone che avevano accompagnato amici juventini".
EDUCARE - "Bisogna educare. Sì, l’unica via d’uscita è l’educazione. Spesso vado nelle scuole a raccontare ai ragazzi l’esperienza dell’Heysel, un fatto accaduto molti anni prima della loro nascita, ma che può insegnare loro qualcosa. E’ incoraggiante la loro reazione, mi fanno domande e sono sempre molto interessati. Io cerco di spiegare loro quanto la passione per il calcio sia una cosa positiva, ma vada vissuta in un modo consapevole e civile. Sono ottimista, quei semi gettati un giorno germoglieranno. Certo, poi se vado a evadere una partita di calcio giovanile, il comportamento dei genitori mi imbarazza".
RICORDO - "Domenica ero a Reggio Emilia, per la commemorazione davanti al monumento che ricorda le vittime. C’era tanta gente, molte bandiere e vessilli mandate dai club, anche una del Liverpool. Oggi verrà inaugurata una piazza a Torino e nel museo della Juventus c’è una stele davanti alla quale ci si può raccogliere in preghiera. E’ importante ricordare, ma lo è ancora di più imparare da questi ricordi".