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La Juventus di Max Allegri farà meglio di quella di Andrea Pirlo? La risposta che ci sentiamo di dare, nonostante il pari di Udine, è sì. Tuttavia ci vuole tempo a smaltire scorie e cacciare fantasmi, e così come l'Inter, pur ridimensionata come sappiamo dal mercato, ha iniziato il campionato in gran scioltezza con un 4-0 senza storia rifilato al Genoa, viaggiando sulla scia positiva dello scudetto, la Juve invece ha mostrato una bella pelle ma alla fine si è fatta imprigionare dalle stesse catene della squadra di Pirlo e ha dilapidato un doppio vantaggio.

Una brusca similitudine con la squadra dell'ultimo anno, capace di mettere in mostra ottime idee e un calcio brillante, per poi scadere in patemi mentali e finire col perdere la trebisonda. Esattamente come accaduto ieri al cospetto di un'Udinese onesta e nulla più, che ha banchettato sulle difficoltà di concentrazione di Szczesny e ha fatto poi la voce grossa a tutto campo per un bel segmento di secondo tempo, sovvertendo l'inerzia mentale del match.

La solita Juve a due facce che magari incanta un tempo e poi ti regala mezza partita. Niente panico, Allegri ha la scorza giusta per lavorarci efficacemente e il campionato dura ancora 37 partite. Ma una lezione preziosa arriva dalla Dacia Arena, e ancor prima da San Siro: i cambiamenti nel calcio non avvengono dall'oggi al domani, e un dna che si sedimenta, buono o cattivo che sia, ci mette del tempo prima di sparire.