Chi è la prima persona a cui l’ha detto?
«Mia madre. Tutte le cose che mi succedono, belle o brutte, lei è sempre la prima a saperle. Sono cresciuto con lei a Torino, una città tranquilla. Anche prima delle partite chiamo lei. Non sono molto scaramantico, alcuni calciatori hanno dei riti particolari prima delle gare. Io no, mi limito a parlare con lei».
Non deve essere semplice gestire studio, partite e allenamenti…
«Se hai passione non importa quali difficoltà incontri. Magari dopo gli allenamenti sono stanco e devo studiare ma fa parte del mestiere che vorrei fare da grande, alla fine con tanta forza di volontà ci si riesce. Non è facilissimo ma se credi veramente in qualcosa, alla fine riesci a farla».
Quando è arrivato nelle giovanili della Juve il suo ruolo non era il difensore…
«No, ho iniziato come attaccante, giocavo come ala sinistra. Poi hanno notato che avevo qualità difensive e mi hanno spostato un po' più indietro, a centrocampo, per fare il centrocampista difensivo. Poi mi hanno arretrato ancora di più e adesso faccio il difensore centrale. Tanti allenatori erano convinti che potessi fare il centrale ad alto livello e mi hanno convinto perché all’inizio io non lo ero. Ho iniziato a giocare in questo ruolo da due o tre anni, dalla fine dell’Under 16».
Chi sono i calciatori a cui si ispira?
«Anche se ho cambiato molti ruoli non ho avuto tanti idoli, Samuel Umtiti del Barcellona adesso è il mio punto di riferimento».
È molto amico di Moise Kean, che ruolo ha avuto nel suo inserimento in prima squadra?
«Ci conosciamo da molti anni, mi ha aiutato molto. Prima della partita con la Spal mi diceva di giocare semplice e tranquillamente, mi ripeteva che era solo una partita. Ho seguito i suoi consigli e me la sono giocata».