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Una vita da vice, poi l'occasione. Luca Gotti, allenatore dell'Udinese, si racconta al Corriere dello Sport a partire dagli scontri Lukaku-Ibrahimovic e Conte-Agnelli: "Non sono “altro” rispetto a quello che lei racconta. Né sono nato a Oxford. Vengo dalla campagna del basso Polesine, fiero delle mie origini e della mia cultura. Che mi suggerisce una distinzione. Lukaku e Ibra si beccano come avviene in tutti i campi. La loro lite è poco più che un frame. Farci della sociologia vuol dire strumentalizzare qualcosa che sta tutta dentro il calcio e solo il calcio può spiegare. Mettiamola così. Ci sono due atleti che si confrontano e utilizzano tutte le armi a disposizione, compresa quella della provocazione, per mettersi reciprocamente a disagio. Non si chiamassero Lukaku e Ibra, non ne parleremmo neanche. Finisce in rissa la finale della Clericus Cup tra preti, o piuttosto il torneo degli avvocati. Il calcio tira fuori il meglio e il peggio che è in noi".  
 
AGNELLI-CONTE - «Anche qui eviterei un giudizio netto, però riconosco che entrano in gioco ruoli diversi. L’allenatore è una guida. Noi sappiamo che Conte la interpreta in modo sanguigno, trascendere fa parte del suo modo di fare gruppo. E il suo è un gruppo allargato, non si ferma alla squadra. È un popolo. Lui dà l’idea di riferirsi sempre a questa grande platea virtuale. Ma chi ha un ruolo di guida è sperabile che riesca a contare fino a dieci».  
 
SARRI - «In Inghilterra? Esperienza favolosa. Vai in un campionato che non conosci, il primo al mondo. Parli un’altra lingua e ti confronti ogni giorno con una persona speciale. Maurizio è un ossimoro vivente. Fa convivere un’intelligenza estremamente raffinata con momenti di chiusura totale, in cui reagisce solo di pancia. Dal punto di vista professionale lo definirei un estremista concettuale. Mette continuamente alla prova le tue convinzioni passate e ti sprona ad aggiornarle. Il nostro è stato un rapporto pieno, anche in quel piccolo spazio che Maurizio riserva a ciò che sta fuori dal calcio. Lui ideologicamente a sinistra, io dalla parte opposta. Eppure a volte ci siamo trovati a litigare da posizioni invertite, chiudendo tutto con una crassa risata».  
 
OK A NAPOLI, MA NON CON I CAMPIONI? - «Non è così. Lui ha una costruzione tattica che si è formata in trent’anni di esperienza. L’ha proposta a grandissimi calciatori, che pure hanno aderito senza contestazioni. Certo, quel castello di idee talvolta va adeguato con elasticità alla squadra che ti trovi a gestire. E questo lui pure l’ha fatto. Le vere criticità affiorano nella gestione delle relazioni personali. Tutti i calciatori gli riconoscono grandi qualità umane. Ma talvolta è spigoloso di principio. È un retaggio di trent’anni di calcio in periferia. Quegli spigoli non avevano ragion d’essere a Londra, e forse neanche a Torino».  
 
RITORNO - «Una sconfitta e forse anche un’ingiustizia. Però c’è anche un contratto importante con la Juve, che ha il suo peso e che impone una gestione oculata. Credo che Maurizio abbia rifiutato diverse proposte. Ma tornerà e, sono certo, lo avremmo ancora protagonista».  

PERCHE' NON ALLA JUVE? - «Mi dispiacqui, però conoscevo certe dinamiche. Maurizio mi spiegò i suoi perché. Non coltivo recriminazioni, né è cambiato il mio rapporto con lui».