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La verità è questa e non è che ci vogliano leggi matematiche, fisiche, scientifiche: senza un centravanti, uno vero, probabilmente la Juve questa partita non l'avrebbe portata a casa. Anzi, forse è il caso di riformulare: probabilmente, senza un centravanti come Vlahovic, che non è statico ma dinamico, che non è una regia fissa ma un piano sequenza, la Juve l'avrebbe drammaticamente portata ai supplementari, avrebbe subito certamente l'onta di una gara senza appigli e senza mai pigliarsi, quindi avrebbe sperperato energie utili per Bergamo portando al massimo una qualificazione oggettivamente alla portata. Dunque, conti alla mano, quanto conta quell'ultima ringhiata, a muso duro, con tanto di deviazione determinante che s'infila alle spalle di un super Pegolo? Come direbbe il sindaco di Genova: veda un po' lei, dunque vedete un po' voi. 

LA SPIRALE - A proposito di sindaci: Nardella, primo cittadino di Firenze, dovrà organizzare forze speciali perché il gol di Vlahovic è un gol del destino. Il serbo non solo si è regalato la settimana perfetta e decisiva, ma sul calendario ha appena segnato in rosso le date delle semifinali. La prima sarà a Torino a inizio marzo e il cuore batterà regolarmente, il ritorno - verso la fine di aprile - sarà in un Franchi colorato di insulti, più o meno consentiti. Nessuno ha però dubbi sulla sua risposta, nessuno avanzava questioni anche quando si è imbattuto in una spirale di sfortuna, errori tecnici e di intenzioni, gol mangiati e mai costruiti. In questo Vlahovic è sembrato umanamente adattato al contesto, lo stesso che non esaltava Morata e che vede Dybala solo per meravigliosi sprazzi. Del resto, con una squadra così bassa e così avara di idee e di progetti di giocate, il coniglio fuori dal cilindro non può estrarlo nemmeno con tutta la forza del mondo. 

POI LA RISPOSTA - Tutta la forza del mondo è però servita per restare in partita. Per tenere alta la concentrazione. Per non demoralizzarsi, deprimersi, cadere ai primi errori (pur continui). In questo c'è un abisso di differenza tra lui e Morata, a prescindere dalla visione fissa in mezzo ai pali della porta. La voglia con cui va a prendersi il pallone largo, con cui lo protegge e supera per andare a calciare, vale tutta la fortuna che gli piove sul destro. Quel mezzo tocco che beffa il mezzo salto di Pegolo, per un mezzo miracolo quando tutto si allungava verso i supplementari. La verità è questa e non è che ci vogliano leggi matematiche, fisiche, scientifiche: senza uno come Vlahovic, non avresti retto, figuriamoci risposto. Per fortuna della Juve, c'è uno come Vlahovic. Anche quando tutto va in un verso, ha la forza di prenderlo e piegarlo alla sua volontà.