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Alla Juventus è approdato all'età di sei anni. Era il 2007, perché la data di nascita che si legge sulla sua carta d'identità è 5 maggio 2001. Il suo percorso, poi, lo ha portato a compiere tutta la trafila delle giovanili, fino all'esordio in Primavera e il salto in Next Gen. Il tutto sempre con l'etichetta del "predestinato", o addirittura del "nuovo Pirlo", che però non lo ha poi aiutato a salire tra i "grandi". Stiamo parlando di Giuseppe Leone, centrocampista che in questa stagione è stato assoluto protagonista con la maglia della Juve Stabia in Serie C, dove ha conquistato tutti trascinando la sua squadra fino alla promozione in cadetteria. Ha parlato ai nostri microfoni per un'intervista esclusiva.

- Hai sempre avuto l'etichetta del "predestinato": ti ha condizionato in qualche modo - in positivo o in negativo - nel tuo percorso?
Sono sempre stato consapevole delle mie qualità e allo stesso tempo sono sempre rimasto con i piedi per terra. Ho ben presente in cosa posso ancora migliorare e dove invece mi sento forte. Conosco i miei punti deboli e i miei punti di forza. Credo che per essere “predestinati” non basti solo la componente calcistica ma anche altre componenti che per un motivo o per un altro non mi sono state date.

- Parlaci un po' della tua esperienza alla Juventus: come hai vissuto il tuo percorso di crescita lì? Quali sono stati i momenti per te più importanti?
La Juventus ha rappresentato la mia seconda famiglia fin dall’età di sei anni quando sono entrato per la prima volta a Vinovo. Nel corso degli anni è diventata poi una scuola di vita aiutandomi a diventare uomo, a gestire le mie emozioni e la pressione alla quale sono esposto. Mi ha anche insegnato a godermi al massimo ogni momento perché prima o poi tutte le cose hanno una fine. Il momento che ricordo con più gioia è la firma del mio primo contratto a 16 anni in presenza della mia famiglia, alla quale devo tutto.

- E la Next Gen? Cosa ti ha lasciato? Credi sia uno step utile per i ragazzi?
La Next Gen è stata un'opportunità importante una volta uscito dalla Primavera che mi ha permesso di affacciarmi al mondo dei grandi. Detto questo rimane pur sempre una “seconda squadra” e pertanto le differenze con gli altri club di C sono il calore che ti possono trasmettere i tifosi, cosa che in Next Gen non accade, così come tutti i “comfort” che una società come la Juventus mette a disposizione della Next Gen che sono molto più difficili da trovare negli altri club di C.

- Hai avuto la possibilità di allenarti con giocatori del calibro di Cristiano Ronaldo e Paulo Dybala: pensi che abbia fatto la differenza per te? E quale allenatore ti ha lasciato di più, alla Juve?
È stato un privilegio poter allenarsi e confrontarsi con dei campioni del genere. Ho ascoltato i consigli che mi hanno dato e ho cercato di “capire” il più possibile quei dettagli che possono fare la differenza e che potranno rivelarsi utili per la mia carriera. Per quanto riguarda gli allenatori che ho avuto nel corso della mia esperienza in bianconero, ognuno di loro mi ha lasciato qualcosa e fatto migliorare sotto diversi aspetti fisici, tecnici e tattici. Anche i Mister che ho avuto in nazionale Nunziata e Bollini mi hanno insegnato tanto e fatto capire quanto l’essere gruppo e onorare la maglia azzurra sia fondamentale.

- Insieme a te c'erano altri ragazzi come Fagioli, Miretti, Hans Nicolussi Caviglia e altri di grande prospettiva: c'è qualcuno che ti ha colpito in modo particolare, che pensavi fosse davvero "da Juve"? E come vedi altri giovani - tra cui, su tutti, Soulè, Barrenechea e Huijsen - che, dopo l'esperienza in Next Gen, hanno maturato esperienza altrove e ora volano verso una carriera di alto livello? Sei ancora in contatto con qualcuno di loro?
Con loro sono in ottimi rapporti e ogni tanto ci sentiamo ancora. Ci conosciamo fin da quando siamo piccoli e abbiamo condiviso, oltre alle esperienze sul campo, anche la scuola e quello che va al di fuori del terreno di gioco. Ognuno di noi ha il suo percorso davanti e la propria strada da seguire, con i vari ostacoli che essa comporta, ma confido che un giorno ci ritroveremo a giocare insieme oppure l’uno contro l’altro. 

- Personalmente ti aspettavi di avere un'occasione in bianconero, tra i "grandi"?
Quelle che erano le mie aspettative contano poco ormai. Quello che conta è il fatto che lasciare la Juventus sia stata la scelta più giusta per la mia carriera e ad oggi sono contento del percorso che ho fatto e di quello che andrò ad affrontare le prossime stagioni. Poi magari un giorno le nostre strade si rincontreranno ma per il momento sono concentrato al 100% sulla Juve Stabia.

- Dopo questa esperienza da assoluto protagonista in Lega Pro, quali sono i tuoi sogni e i tuoi obiettivi per il futuro? Dove punti ad arrivare?
Ora come ora penso a prepararmi al meglio per affrontare la prossima stagione. In generale l’obiettivo che ho sempre avuto è quello di migliorarmi in allenamento sotto tutti i punti di vista per diventare un calciatore migliore. Il sogno più grande è quello di riuscire ad arrivare a giocare in Serie A, sarebbe una grande soddisfazione per me e la mia famiglia.

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