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 Dalla sua ha la granitica convinzione che la strada intrapresa sia quella giusta, la consapevolezza che l’idea di calcio che sta trasmettendo sia quella che porta ai risultati. Soprattutto per questo, Thiago Motta, non si scompone mai a bordocampo, se non in un episodio di cui parleremo dopo. Una partita di Serie A a porte chiuse non ha senso di esistere – se non in una situazione emergenziale come quella pandemica -, si toglie quella cornice che poi cornice non è; è parte integrante del quadro. Ma ha un lato positivo, la possibilità di sentire quello che viene detto in campo e per questo passiamo ai raggi x il Genoa-Juventus vissuto da mister Thiago Motta.

 
Genoa-Juve, come l’ha vissuta Thiago Motta

 
Come dicevamo, c’è un solo momento durante il quale Thiago Motta perde le staffe e si innervosisce. Ma non ce l’ha con i suoi. Vitinha accentua un contrasto e si agita a terra come se avesse preso una gomitata in volto. È lì che l’allenatore alza per un attimo i toni, invitando l’attaccante a rialzarsi. E siamo sempre lì, a quanto ripetuto anche nella conferenza pre Napoli: il massimo rispetto per il gioco, contro le simulazioni e le perdite di tempo.
 
Per il resto è un Thiago Motta sicuramente sul pezzo, ma mai oltremodo agitato. Non urla, non si sente molto dalla tribuna stampa, ma l’indicazione che si percepisce più di frequente è la stessa che i tifosi richiedono anche sui social al 45’: “Ritmo, ritmo”, “Velocità, velocità”. Esattamente quello che era mancato ed è arrivato solo quando i bianconeri hanno sbloccato il risultato.
 
Alle indicazioni collettive da urlare in mezzo al campo, Thiago Motta preferisce decisamente i colloqui individuali. A volte chiama lui, a volte sono i calciatori a cercarlo: in particolare, due sono piuttosto lunghi e approfonditi, con Danilo e con McKennie nel primo tempo.