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La seconda parte dell'intervista di Federico Gatti a Sportweek (QUI LA PRIMA PARTE).

PRIMO GIORNO ALLA JUVE - "Veramente sono stati due giorni, non uno. Il primo ho firmato prima di tornare in prestito al Frosinone fino al termine della stagione. Era il 31 gennaio, ci saranno stati zero gradi e io mi sono presentato in camicia. L’adrenalina, la fretta di preparare la valigia perché sono arrivato all’ultimo giorno di mercato, insomma non avevo con me un maglione, un giubbotto, niente. Il primo che incontro è Bonucci, poi De Ligt a colazione e Vlahovic in palestra. Dopo la firma, per festeggiare sono andato a pranzo da mio nonno. Il secondo “primo” giorno è stato quello del raduno, due estati fa. Ed ero talmente emozionato che non ricordo niente".

VLAHOVIC COME UN FRATELLO - "È vero. Abbiamo un legame forte che nasce dal rispetto reciproco. Come carattere siamo simili. È deciso, determinato, mi piace la sua mentalità. Facciamo parecchie cose insieme, compreso vedere la partite di basket del Partizan Belgrado a casa sua. Io, lui e Kostic: oro due sono tifosissimi, io mi divertirei a giocare in un ambiente “caldo” come quello del palazzetto del Partizan… Io che ho vissuto il mondo del “non sei nessuno” e che oggi sono in quello del “sei sulla bocca di tutti”, capisco subito perché una persona ti si avvicina, se per convenienza o sincero interesse. Con Dusan non ci sono secondi fini. Per lui mi butto nel fuoco e non lo tradirò mai".

FEDELISSIMO DI ALLEGRI - "Mi ha dato tanto. A cominciare dalla continuità, fondamentale per crescere. Se uno fa un errore e viene messo fuori, non crescerà mai. Se giochi, prendi fiducia. Stare alla Juve è un’altra cosa: hai mille pressioni dentro e fuori dal club. All’inizio giocavo pochissimo, avevo bisogno di un naturale periodo di adattamento a una realtà a me sconosciuta, ma non ho mai avuto dubbi su me stesso: io divento più forte nelle critiche, mi impunto per far ricredere le persone".

LA SVOLTA - "A Friburgo, dopo dieci panchine di fila, in una partita da dentro o fuori in Europa League. Abbiamo vinto senza prendere gol, lo stesso tre giorni dopo a San Siro con l’Inter".

SIMBOLO DELLA JUVE OPERAIA - "Gioco nella Juve, non c’è da aggiungere altro".

GIOCARE BENE - "A me interessa vincere, non importa se giocando bene o male. Chi vince resta nella storia, chi perde viene dimenticato".

BRACCIA LARGHE - "Ribadisco: quando sei in campo non devi guardare in faccia a nessuno. Non esiste amicizia, niente. Ci stiamo abituando a un calcio “finto”. Io sono uno vecchio stampo. Giochiamo a calcio, non facciamo danza".