Che tipo di allenatore è?
"Io l'ho conosciuto a giocare a Piacenza, quando non ce la faceva più dopo essere stato spompato da Zeman nelle stagioni precedenti. E' un allenatore molto particolare, anche lui come tutti ha le sue paturnie. E' molto socievole, sempre aperto alla discussione se ci sono eventuali problemi. In campo è un insegnante di calcio, quando le sue squadre scendono in campo sanno quello che devono fare. Molto preparato tatticamente, gioca con un 4-3-3 alla Zeman ma a differenza del boemo cura molto la fase difensiva".
L'ha sentito ultimamente?
"Ho provato a chiamarlo per fargli i complimenti per il lavoro che sta facendo con il Cagliari, ma non mi ha risposto".
Che idea si è fatto del suo Cagliari?
"Dopo una partenza negativa ha iniziato a giocare un buon calcio e ora si esprime ai massimi livelli. Eusebio ha bisogno di tempo per lavorare, con tre o quattro mesi i risultati non si vedono".
Secondo lei il Cagliari può impensierire la Juve?
"Per me sì, perché quando Eusebio affronta queste partite contro le big non gioca mai per pareggiare: sempre per vincere. Non gli interessa chi ha di fronte, carica la squadra per conquistare i tre punti. Ha la spensieratezza e la consapevolezza di giocare a viso aperto contro chiunque. Secondo il suo pensiero se ci si chiude in difesa la sconfitta è scontata perché il gol prima o poi si subisce, quindi tanto vale provare a vincere. Perdere con la Juve è la normalità, se riuscisse a fare punti invece sarebbe un gran risultato".
A quale allenatore lo paragonerebbe?
"E' uno Zeman più quadrato e più attento alla fase difensiva. Quando ero con lui al Sassuolo avevamo un procuratore che si dedicava esclusivamente alla fase difensiva. Di Francesco sa di avere un gioco molto votato all'attacco, per questo cerca di sistemare dietro".
E il punto debole delle sue squadre?
"Per quanto possa provarla a curare, è comunque la fase difensiva. Anche quest'anno con il Cagliari ha già preso un po' di gol, avrà bisogno di tempo per sistemare il reparto. Se la squadra inizia a carburare e a giocare bene, per gli avversari non ci saranno punti di riferimento. Noi giocavamo così".
Erano gli anni in cui Berardi era spesso accostato alla Juve.
"Si può dire che ha perso il treno? Marotta e Allegri lo chiamavano e lui aveva paura di rispondere, non si faceva trovare. Ha scelto di rimanere perché era legatissimo al Sassuolo e alla famigia Squinzi. Io avrei scelto la Juventus perché sono cose che capitano una sola volta nella vita, ma in questi anni sta scrivendo la storia del Sassuolo".
In quel Sassuolo c'era anche Lorenzo Pellegrini, altro giocatore nel mirino dei bianconeri che l'avevano già cercato. E' pronto per il grande salto?
"Sì, secondo me è pronto per la Juve. Già all'epoca si vedeva che era un giocatore di qualità e quantità. In squadra c'era Biondini che era spaventoso per quanto correva, Pellegrini era l'unico che riusciva a stargli dietro. E rispetto a Davide aveva più qualità. E' un ragazzo molto legato a Roma e alla Roma, bisogna capire se è disposto a lasciare la capitale".
E' vero che in passato anche lei ha rifiutato la Juve?
"La mia è stata una scelta diversa. Era il 2011, giocavo nell'Udinese e la Juve era tra i club che mi aveva cercato. Lì davanti c'erano Del Piero, Trezeguet e altri campioni, io avevo voglia di giocare con continuità e sapevo che in bianconero non avrei trovato molto spazio: così decisi di andare al Genoa dove feci molto bene. Magari se quello che ho fatto in rossoblù l'avessi fatto a Torino mi sarebbe cambiata la carriera, ma tornando indietro rifarei la stessa scelta".